Lo schiavetto/Atto quinto/Scena III
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Giovan Battista Andreini - Lo schiavetto (1612)
Atto quinto - Scena III
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Fulgenzio e Prudenza
- Fulgenzio.
- Fortuna, se giamai favoristi gli arditi, favoritrice oggi di Fulgenzio ti mostra! Tu pur, cortese Amore, a gli amori miei tutto amore divenuto, impetrami il valore di vincer la bella e cruda nemica mia! Ecco che, fatto per te Proteo amoroso, vesto questa veste, anzi, con questa barba quasi a me medesmo dificultà rendo s’io mi sia Fulgenzio. Voglio assicurarmi di battere per scemare i colpi del dolore, del timore, che il cuore mi percotono; anzi, che mutar la voce alquanto io voglio.
- O di casa? o signori, chi è che di voi in questa casa mi risponda?
- Prudenza.
- Chi è lì? Siete voi forse quello che, per mia morte, piglia in nota i morti?
- Fulgenzio.
- Sì signora, quegli sono: ma per vostra morte poi già tale non sono.
- Prudenza.
- E messere, perdonatemi, so ben io qual duolo così sforza a ragionar la lingua. Or sù, vengo ad aprirvi la porta, acciò che ’l morto a riconoscer veniate. Così volesse il Cielo che prima che da voi mi conducesse il piede, Morte le porte sue mi spalancasse, per venire a vedere come disdica che una malviva tanto oggi viva. Questa cura di veder chi picchia, e di aprire, solo mia cura feci, odiando un certo spelatuccio detto Fulgenzio, temendo mio signor padre ch’egli con la sua prosonzione tanto non s’avanzasse, che di questa casa si facesse dominatore. Aspettatemi ch’io vengo.
- Fulgenzio.
- V’aspetto signora.
- Ah discortese, io sono un Fulgenzio spelatuccio, eh? Se tu avessi guardato ben bene questa barbaccia, m’averesti conosciuto per un Fulgenzio pelosaccio. Ma ben so che lo strale delle tue parole s’indirizza al ferire il bianco della povertà mia. Ma in te, o minera d’ogni tesoro, arricchirò (e bene in breve) la mia povertade. Eccola appunto.
- Prudenza.
- Per vita vostra entrate, fate presto, ché da ogni canto mi pare di vedere spuntare questo ganimede senza camisia, questo ch’odio più della morte.
- Fulgenzio.
- Ecco, signora, che frettoloso, per ubidirla io entro.