Liriche (Corazzini 1935)/Le aureole/La finestra aperta sul mare

Le aureole - La finestra aperta sul mare

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LA FINESTRA APERTA SUL MARE


Non rammento. Io la vidi
aperta sul mare,
come un occhio a guardare,
coronata di nidi.
Ma non so nè dove, nè quando,
mi apparve: tenebrosa
come il cuore di un usuraio,
canora come l’anima
di un fanciullo, era
la finestra di una torre in mezzo al mare, desolata
terribile nel crepuscolo,
spaventosa nella notte,
triste cancellatura
nella chiarità dell’alba,

Le antichissime sale morivano
di noia: solamente l’eco delle gavotte,
ballate in tempi lontani
da piccole folli signore incipriate,
le confortava un poco.

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Qualche gufo coi tristi
occhi dall’alto nido
scricchiolante, incantava
l’ombra vergine di stelle
E non c’era più nessuno
da tanti anni, nella torre,
come nel mio cuore.

Sotto la polvere ancòra,
un odore appassito indefinito,
esalavano le cose,
come se le ultime rose
dell’ultima lontana primavera
fossero tutte morte
in quella torre triste, in una sera triste.

E lacrimava per i soffitti
pallidi, il cielo, talvolta
sopra lo sfacelo delle cose.
Lacrimava dolcemente
quietamente per ore
e ore, come un piccolo fanciullo malato.
Dopo, per la finestra
veniva il sole, e il mare,
sotto cantava.

Cantava l’azzurro amante,
cingendo la torre tristissima
di tenerezze improvvise,

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e il canto del titano
aveva dolcezze, sconforti,
malinconie, tristezze
profonde, nostalgie
terribili... Ed egli le offriva i suoi morti,
tutte le navi infrante,
naufragate lontano.

Una sera per la malinconia
di un cielo che invano
chiamava da ore e ore
le stelle, volarono via
con il cuore
pieno di tremore
le ultime rondini e a poco
a poco nel mare
caddero i nidi: un giorno
non vi fu più nulla intorno
alla finestra. Allora
qualche cosa tremò
si spezzò
nella torre e, quasi
in un inginocchiarsi lento
di rassegnazione
davanti al grigio altare
dell’aurora,
la torre
si donò al mare.