Liriche (Corazzini 1935)/Dal «Piccolo libro inutile»/Ode all'ignoto viandante

Dal «Piccolo libro inutile» - Ode all'ignoto viandante

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ODE ALL’IGNOTO VIANDANTE


I


Ben ch’io t’oda passare
vicino alla mia soglia
e pensi che tu voglia
battere e domandare,

non tormento a più viva
fiamma la mia lucerna
— cui, nella notte eterna
guardo come a una riva —

e non se, a poco a poco,
cresca la lontananza,
vedovo di speranza,
ormai, te folle invoco,

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chè le tue mani sono
colme di doni: porti
ai dolenti conforti,
ai felici perdono.

Hai pianto e un poco vuoi
di quel pianto godere,
qualche lagrima bere,
ancora, con i tuoi.

Donare e perdonare!
Contener nell’immenso
cuore grani d’incenso
pe’ ’l più lontano altare.

Dire al nemico: Sei,
tu, mio padre, mio figlio:
dormi sul mio giaciglio,
che io sul tuo dormirei.

E questo, senza pena
dire e senza tristezza;
sfarsi alla tenerezza
come al mare la rena.

Ma, forse, tu non hai
nessuno e, pure, torni,
così, per pochi giorni,
per un’ora, e non sai

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tu, non sai che la povera
piccola casa accoglie
cader di nuove foglie,
fiorir di rose nuove

e che più nulla, più
nulla! del tuo rimane
se, triste come un cane
randagio, vaghi tu

imaginando i nidi
più folti e più canori,
tanto, che ora ne muori
di dolcezza e sorridi.

Ma l’ombra non lo vede
quel tuo sorriso: vela
piccola che s’inciela,
sembra, nella sua fede,

e non è che una cosa
trepida, tutta sola,
che, per te, forse, vola,
ma per gli altri non osa,

ma per gli altri non pare
che una vela, una vela
piccola che s’inciela
a l’estremo del mare.

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II


Viandante, ancor io
risi alla mia speranza,
vissi la lontananza
per vivere d’oblio,

come te, come tutti
gli uomini. Un giorno volli
cantare ne’ più folli
canti i miei folli lutti,

parlare al sole come
al mio cuore e, talvolta,
ove l’ombra più folta
fosse, chiamarmi a nome

e dirmi: «Creatura
vergine, non udire
più. Apprendi, ora a morire
nella tua sepoltura.

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Accendi un lume, un solo.
Medita la tua nuova
vita. A te sia la prova
d’una morte o d’un volo.

Ma non tentare, mai.
Confida, anche, ma senza
elegger la semenza:
dopo non piangerai.

Canzoni assai soavi
canta, se vuoi cantare.
Canzoni marinare
dai ponti delle navi,

canzoni di parole
semplici, a pena nate,
che, ancora, dall’estate
odorano di sole.

Così vivrai, nè cura
ti terrà del passante,
ignaro viandante
di una via peritura,

se tu l’oda cantare
o piangere alla soglia
e imagini che voglia
battere e domandare».