Lirica (Ariosto)/Capitoli/XV. - Ogni promessa è un sacramento...
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XV
Ogni promessa è un sacramento; non è lecito dunque a nessuna donna venir meno alla parola data. Che se, pentita, non la manterrá subito, male egli teme che a lei ne venga.
Ben è dura e crudel, se non si piega
donna a prometter quanto un suo fedele,
che lungamente l’ha servita, priega;
ma se promette largamente e che le
5promesse poi si scordi o non attenga,
molto è piú dura e molto è piú crudele.
Né fermo un sí né fermo un no mai tenga,
pur com’ogni parola che l’uom dice
all’orecchie de’ dèi sempre non venga,
10E non sa ancor di quanto mal radice
questo le sia, se ben non va col fallo
la pena allor allor vendicatrice;
ma lo segue ella con poco intervallo,
ed ogni cor che qui par sí coperto
15transparente è lá su piú che cristallo.
Promesso in dubbio non mi fu, ma certo
dicesti darmi quel ch’oltra l’avermi
promesso voi, mi si devea per merto.
Se promettendo aveste pensier fermi
20d’attener, indi li mutaste, io voglio,
ed ho perpetuamente da dolermi.
Del mio giudicio rio prima mi doglio
che le speranze mie sparse ne l’onde,
credendomi fondarle in stabil scoglio.
Dogliomi ancor che questo error ridonde
25in troppa infamia a voi, perché vi mostra
volubil piú ch’al vento arida fronde.
Ma se diversa era la mente vostra
da le promesse, ed altro era in la bocca,
altro nel cor, ne le secrete chiostra,
30questo fu inganno, e piú dirò che tocca
di tradimento, ma di par la fede
e per questo e per quel morta trabocca.
A queste colpe ogn’altra colpa cede;
piú si perdona all’omicidio e al furto
35ch’al pergiurarsi e all’ingannar chi crede.
Né mi duol sí che ’l vostro attener curto
m’abbia sumerso al fondo del martire,
al fondo, onde non son mai piú risurto;
come che per vergogna né arrossire
40né segno alcuno per la fede rotta
di pentimento in voi veggio apparire.
La fede mai esser non dee corrotta,
o data a un sol o data ch’odan cento,
data in palese o data in una grotta.
45Per la vil plebe è fatto il giuramento,
ma tra li spirti piú elevati sono
le simplici promesse un sacramento.
Voi, donne incaute, alle quali era bono
esser belle nel cor come nel volto,
50l’un di natura, e l’altro proprio dono,
troppa baldanza e troppo arbitrio tolto
v’avete, e di poter tutte le cose
forse vi par, perché potete molto.
Se da le guance poi cadon le rose,
55fuggon le grazie, se riman la fronte
crespa e le luci oscure e lacrimose,
se l’auree chiome e con tal studio cónte
mutan color, se si fan brevi e rare;
de’ vostri danni è vostra colpa fonte.
60De la vostra beltá che cosí spare,
forse Natura prodiga non fora,
se voi di vostra fé fusse piú avare.
Ma donna in nessun loco, a nessun’ora
d’ordire inganni altrui mai s’ebbe loda,
65sia a chi si vuol, né alli nemici ancora.
E chi serà che con piú biasmo s’oda
notar, di quel ch’alli congiunti suoi
o di sangue o d’amor cerchi usar froda?
Tanto piú a chi si fida. Or chi di noi
eran piú d’amor giunti? e chi fidarsi
puote mai piú ch’io mi facea di voi?
S’al merito e al demerito aspettarsi
l’uom deve il premio ed il supplicio uguale,
né al punir né al premiar son li dèi scarsi.
Come temo io che ve ne venga male,
se ’l pentir prima e ’l satisfar non giugne
a cassar questo error piú che mortale!
S’a voi per mia cagione o macchiar l’ugne,
o vedessi un crin mosso, oimè, che doglia!
Solo il pensarvi me da me disgiugne.
Voi di periglio e me di pena foglia
un pentir presto, un satisfarmi intero;
che sia il debito vostro, e quel ch’io voglia,
ch’a saper abbia altri che voi non chero.