Giuseppe Gioachino Belli

XIX secolo Indice:Sonetti romaneschi I.djvu sonetti letteratura Li nobbili Intestazione 4 novembre 2022 100% Da definire

La colómma de mamma sua Er fruttarolo
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti senza data I

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LI NOBBILI.

     Un nobbile, o de vecchia o nnova zecca,
O vvadi[1] co’ la scuffia o ccór cappello,
(Nun zia[2] detto pe’ ddajjene[3] la pecca)
4È una spesce[4] d’un cane de mascello.[5]

     Te ggira attorno bberbello bberbello,
Te se[6] strufina, t’ammusa[7], te lecca,
Te scòtola[8] la coda..., e ppe’ un capello[9]
8Poi te s’affiara[10] indóv’azzecca azzecca.[11]

     E cquanno puro[12] quer cagnaccio indeggno
Te facci[13] una carezza co’ la zampa,
11Abbada a tté,[14] cchè tte sce lassa er zeggno.[15]

     Pe’ ste sorte de bbèstie, Madalena,
Da la quale[16] ggnisuno se la scampa,
14Ecco er zolo[17] rimedio: A la catena.

Note

  1. O vada.
  2. Non sia.
  3. Per dargliene.
  4. Specie.
  5. Di macello.
  6. Ti si.
  7. [Derivato da muso, ed equivale al toscano “annasare.„]
  8. Ti scuote.
  9. E per un nonnulla.
  10. [Ti si avventa. Nell’Umbria: te se fiara. Da fiara, fiamma; come avventarsi da vento.]
  11. [Dove coglie, coglie. Ma usato come un avverbio di luogo.]
  12. E quando pure.
  13. Ti faccia.
  14. Bada a te.
  15. Perchè ti ci lascia il segno.
  16. [Da le quali. — Nella nota 2 del sonetto: San Giuvan ecc., 15 mar. 34, il Belli avverte che di questo pronome relativo i Romaneschi usano il solo femminile singolare, e nelle sole forme la quale e per la quale. Qui invece abbiamo anche da la quale; e un in la quale incontreremo nel sonetto: Er zervitor ecc., 22 ott. 31. Certo è però che l’usano sempre spropositatamente, giacchè per essi non è altro che una male assimilata influenza letteraria.]
  17. Il solo.