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Sonetti senza data | 3 |
LI NOBBILI.
Un nobbile, o de vecchia o nnova zecca,
O vvadi1 co’ la scuffia o ccór cappello,
(Nun zia2 detto pe’ ddajjene3 la pecca)
4È una spesce4 d’un cane de mascello.5
Te ggira attorno bberbello bberbello,
Te se6 strufina, t’ammusa7, te lecca,
Te scòtola8 la coda..., e ppe’ un capello9
8Poi te s’affiara10 indóv’azzecca azzecca.11
E cquanno puro12 quer cagnaccio indeggno
Te facci13 una carezza co’ la zampa,
11Abbada a tté,14 cchè tte sce lassa er zeggno.15
Pe’ ste sorte de bbèstie, Madalena,
Da la quale16 ggnisuno se la scampa,
14Ecco er zolo17 rimedio: A la catena.
- ↑ O vada.
- ↑ Non sia.
- ↑ Per dargliene.
- ↑ Specie.
- ↑ Di macello.
- ↑ Ti si.
- ↑ [Derivato da muso, ed equivale al toscano “annasare.„]
- ↑ Ti scuote.
- ↑ E per un nonnulla.
- ↑ [Ti si avventa. Nell’Umbria: te se fiara. Da fiara, fiamma; come avventarsi da vento.]
- ↑ [Dove coglie, coglie. Ma usato come un avverbio di luogo.]
- ↑ E quando pure.
- ↑ Ti faccia.
- ↑ Bada a te.
- ↑ Perchè ti ci lascia il segno.
- ↑ [Da le quali. — Nella nota 2 del sonetto: San Giuvan ecc., 15 mar. 34, il Belli avverte che di questo pronome relativo i Romaneschi usano il solo femminile singolare, e nelle sole forme la quale e per la quale. Qui invece abbiamo anche da la quale; e un in la quale incontreremo nel sonetto: Er zervitor ecc., 22 ott. 31. Certo è però che l’usano sempre spropositatamente, giacchè per essi non è altro che una male assimilata influenza letteraria.]
- ↑ Il solo.