Li commenzabbili der padrone

Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Li commenzabbili der padrone Intestazione 11 novembre 2024 75% Da definire

La modestia in pubbrico Quer che cce vò, cce vò
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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LI COMMENZABBILI1 DER PADRONE.

     Hanno maggnato cqua, ssì, ppoveretti;
Perché llui oggni ggiorno ha la passione
D’invità a ppranzo scinqu’o ssei perzone,
Pe’ scorticalli a ffuria de sonetti.

     Tutti scràmeno,2 in faccia der padrone,
Che ppe’ vverzi co’ llui, manco Ferretti;3
Ma, in ne l’usscì, li chiameno bbijjetti,
Riscevute de sardo4 e llocazzione.5

     Dunque perché strozzà6 sta povesia,
Tu mme dirai, e nun lassà st’inviti?
Io t’arisponno: un po’ ppe’ gguittaria,7

     E un po’ pperché a sto monno tu lo sai
Come la cosa va: rricchi o ffalliti,
Un pranzo aùffa8 nun dispiasce mai.

1 settembre 1835.

Note

  1. I commensali.
  2. Esclamano.
  3. [Non ce la può neppure Ferretti. — Giacomo Ferretti, il noto poeta melodrammatico, nato nel 1784, morto nel 1852, e che Massimo D’Azeglio mette tra gli “alti e belli ingegni„ della società “sveglia, piena di vita e di movimento,„ che fioriva a Roma nel 1814 (I Miei Ricordi, IX), fu amicissimo e parente del Belli. V. la Prefazione.]
  4. Ricevute di saldo.
  5. Locazioni.
  6. Ingoiare.
  7. Miseria.
  8. [A ufo]: gratis.