Li cani d'un prete

Giuseppe Gioachino Belli

1837 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura Li cani d'un prete Intestazione 9 giugno 2024 75% Da definire

Er Pangilingua Er rimedio pe' lo Stato
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837

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LI CANI D’UN PRETE.

     “E ste ggioie de cani ve tenete?
E annate,„1 dico, “a ccaccia co’ st’attrezzi?
Che vve pònno affermà2 sti cascappezzi,
’Na tartaruca ar più ssotto le rete?„ —

     “Eppuro questi,„ m’arispose er prete,
“Sti du’ caggnacci cqui, nnun ce so’3 pprezzi
Che li pònno pagà, pperchè sso’3 avvezzi
A nnun straccasse mai pe’ ffame o ssete.

     Eppoi, sibbè4 rroggnosi o cche sse sia,„
Disce, “nun troverai cani in eterno
Da potéjje5 stà appetto a ppulizzia.„

     Dico: “Eh cquann’è ppe’ ppulizzia, don Tale,6
Mannateli a l’uffizzi der Governo:
Du’ cani ppiù ddua meno è ppoco male.„

28 maggio 1837.

Note

  1. Andate.
  2. Fermare.
  3. 3,0 3,1 Sono.
  4. Sebbene.
  5. Potergli, per “poter loro.„
  6. Appellazione generica di persona della quale non si conosca o non vogliasi declinare il nome.