Lettere del conte N. N. ad una falsa divota/Lettera prima

Lettera prima

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Prefazione Lettera seconda
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LETTERA PRIMA

E’ egli dunque vero, signora Elisa mia, che voi vi siete determinata di darvi alla divozione, come mi avete scritto nell’ultima vostra? Io mi rallegro assai e me ne congratulo con esso voi. Voi vi siete sempre mostrata una donna di spirito, e io v’ho sempre tenuta per tale; ma cotesta vostra nuova deliberazione me ne conferma talmente, ch’io non ne posso piú dubitare. Ogni cosa ha la sua stagione: tempo di ridere e tempo di piangere. Oh Dio! io mi risovvengo ancora con una estrema dolcezza di que’ be’ giorni che voi eravate fanciulla. Che spiritosa ragazza eravate voi mai! che graziose serate ho io passate con esso voi! Posso io dirlo con libertá ad una donna che comincia a disingannarsi del mondo? Voi non avevate gran dono di bellezza, a dir vero; ma voi avevate tanta grazia e tanti ornamenti dello spirito, ch’io non mi maraviglio se tutto il mondo correva pazzo per voi. In cosí tenera etá, come gustavate voi i buoni libri! quanta grazia, quanta eleganza di scrivere in prosa e in versi! Egli è il vero che i maligni volevano che il papá e la mamma ve li raffazzonassero alquanto, per darvi maggiore risalto; ma ad ogni modo que’ vostri sonettini amorosi, ch’io tengo ancora presso di me come un piccolo tesoro, non è possibile che fosser veduti da loro. Voi eravate pratica di geografia e d’astronomia quanto un piloto, cosí di storia, cosí di lingua italiana, inglese, francese. Il vostro canto aveva una maestria ed una soavitá incomparabile; e voi toccavate poi l’arpa in una maniera ch’io ne disgrado colui che scongiurava i diavoli in corpo a Saule. Parmi ancor vedere quel vostro zio dabbene, che andava bevendo gli applausi dagli occhi de’ circostanti e narrava lor sotto voce qualche piccola parte delle vostre prerogative; e voi fra tante lodi vi stavate tutta umile e modesta come [p. 14 modifica]una colombina, se non che di quando in quando vi scappava tra labbro e labbro un sorriso di naturale compiacenza. Non temiate, mia cara Elisa, ch’io voglia mettere a ripentaglio la vostra divozione, solleticandola con un poco di vanitá. Io ho ricordata una sola infinitesima parte de’ vostri meriti, perché non è possibile che altri parli di voi senza lodarvi: dall’altro canto non crediate che la vanitá possa nuocere punto alla divozione, anzi siate persuasa che l’una è un maraviglioso fomento dell’altra e ch’esse vanno d’ordinario accompagnate, spezialmente nel vostro amabile sesso. Ma venghiamo ora a me, poiché voi volete ch’io pure sia interessato nella nuova maniera di vivere, che a voi piace d’intraprendere. Che diancin di capriccio v’è egli entrato in capo di volermi ad ogni modo scegliere per maestro e per direttore nella via della divozione? Come potete voi sperare che un miserabile mondanaccio com’io sono, che non sa alzare un momento gli occhi da questo fango terreno, valer possa giammai a reggere il sublime volo, ch’io giá veggovi prendere nella via dello spirito e della divozione? Io mi sono, se voi noi sapete, un cotal pezzo d’uomo fatto alla carlona, che conosco poco piú lá del decalogo. Ho mille passioni, che mi agitano continovamente, come odo dire che accade al piú degli altri uomini; e mi trovo ben contento, quando, mediante i celesti doni, che il nostro supremo Autore degnasi di compartirmi, giungo a frenarle in modo che non mi trasportino a rompere troppo frequentemente le leggi, ch’egli ne ha date. Io, per mia disgrazia, non mi sono mai curato di penetrar troppo addentro nell’oscuro santuario de’ mistici e degli ascettici; anzi mi sono stimato sempre cosí profano, che non ho ardito mai di accostarmi a’ venerabili penetrali di esso. Confesserovvi ancora ingenuamente una mia debolezza, ed è ch’io non ho mai potuto avvezzare queste mie labbra un poco indomabili a recitar troppo lunghe preghiere, e che i mattoni mi hanno ad avere grand’obbligo, perché le mie ginocchia non hanno soverchiamente logorata la lor molle superficie. Io ho un certo naturale fatto all’antica, che non si sa discostare dalle costumanze de’ nostri bisavoli e che male si accomoda a certe [p. 15 modifica]liturgie di nuova moda, le quali cred’io che sien state instituite spezialmente per comoditá del vostro sesso, che ama naturalmente di variare; e che probabilmente si è stancato di andar sempre ai paradiso per la medesima via; massimamente che la via che giá solevano battere i nostri buoni vecchi riesce alquanto scoscesa e difficiletta. Io alzomi la mattina, e mi raccomando a Dio con quella cortissima preghiera, ch’egli stesso insegnò a’ nostri antecessori, e non mi curo poi di ripeterla molte volte, essendo io persuaso ch’egli non misura i nostri voti e gli atti di culto, che noi gli prestiamo, dalla loro durata, ma dalla loro intensione e sinceritá. Io passo poi il resto della giornata occupandomi a vivere, com’egli ne ha comandato di fare, e procurando di unire quanto piú posso il mio profitto a quello degli altri; se non che di tanto in tanto mi vengono alzati gli occhi al cielo, secondo le occasioni che mi si presentano di ammirare la sua grandezza e di ringraziare la sua beneficenza. Ora voi ben vedete, madre Elisa mia venerabile (ché d’ora innanzi mi permetterete di chiamarvi sempre con questo titolo), voi ben vedete quanto io sia poco il caso vostro e quanto male vi apponete, se voi vi lusingate di far di me il vostro Fenelone. Ma che accade? Egli non ci è cosa ch’io vi sapessi negare, né malagevole impresa a cui io non mi cimentassi per amor vostro. Benché sieno giá parecchi anni ch’io non vi ho veduta, contuttociò mi stanno ancora cosí fittamente riposte nell’animo quelle rare doti colle quali mi ricorda che una volta sapevate obbligare ed incantar cosí forte le persone, ch’io voglio tuttavia essere schiavo de’ vostri desidèri, oggi massimamente che sono diretti a tanto lodevole intenzione. Oh! la sarebbe poi bella che il diavolo facesse che, col nostro lungo commerzio di lettere, io m’innamorassi di voi, come accade spesse volte a’ direttori, che prendono a guidare sul cammino della divozione qualche ancor fresca e spiritosa penitente: benché io per me credo ch’egli si rimarrebbe con un palmo di naso, dappoiché tanti fiumi, tante valli e tanti monti s’interpongono tra me e voi. Dal canto vostro poi io non credo che quindinnanzi ci fosse molto a temere, perocché io mi [p. 16 modifica]lusingo, che apprenderete a purificare in modo le umane concupiscenze, che la vostra divozione non abbia a sdegnarsi di far soavissima lega con esse: e alla piú trista poi io m’immagino che voi terrete riposta nella vostra piccola spezieria spirituale qualche breve o qualche orazioncina, che possavi alle occasioni servire di facile contraveleno alle tentazioni del Nimico. Ma sia che vuole: egli è cosí commendabile il fine della nostra corrispondenza, ch’io non so pigliarmi affanno di quello che ne possa intervenir nel cammino. Io m’immagino di giá quanta gloria verranimi da questa intrapresa; e innanzi tratto mi par di vedermi citar le lettere, ch’io v’andrò scrivendo, tra quelle de’ piú solenni maestri di spirito che si vedessero mai, e andare i nostri nomi famosi accoppiati insieme fra quelli de’ piú entusiastici contemplativi, tanto da fare scomparir quelli de’ due celebri divoti amanti Eloisa ed Abelardo. Giá pongomi a meditar ferocemente suda scienza della divozione. Giá domini ad osservar diligentemente la fisionomia, il contegno, le maniere di quanti famigerati divoti e di quante famigerate divote passeggiano per questa grande cittá ov’ora dimoro. Giá sbracciomi a scartabellare quanto di piú sottile e di piú lambiccato si è scritto su questa materia, per cavarne alla fine una quintessenza di regole e d’ammaestramenti, in modo ch’io spero di vedervi quanto prima rapita nelle piú dolci e maravigliose estasi, che mai a qualsivoglia divota femmina provar facesse la riscaldata immaginazione. Intanto mantenetevi in cotesto savio proponimento, ché l’occasione non può esser piú favorevole. I giovani amici cominciano a poter vivere senza di voi; la vostra etá principia a lagnarsi di qualche lustro superfluo. Oh bella cosa ch’è la divozione, quando si giugne ad un certo numero d’anni! Soavissima Elisa, vogliatemi d’ora innanzi un carro di bene spirituale, ché io farò pure ogni sforzo per ispogliarmi d’ogni basso appetito, sicché io pure spiritualmente possa essere in ogni tempo tutto vostro {{A destra|Il conte N. N.