Lettere d'una viaggiatrice/«Alla montagna debbo ritornare»/All'antica maniera

All'antica maniera

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«Alla montagna debbo ritornare» - Alla frontiera «Alla montagna debbo ritornare» - Il sogno
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ALL’ANTICA MANIERA

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Aosta, settembre...


Ed ecco, vedendo questa stazione ferroviaria di Aosta, comoda e decente donde il viaggiatore dovrà partire fra poco, regolarmente, con un onesto e preciso treno diretto, per andarsene ove egli vuole, a Torino, a Milano, a Genova, a Venezia, uno scoramento grande assale il viaggiatore: e mentre le nuvole grigie d’un malinconico pomeriggio estivo, si abbattono sull’antica città romana, mentre è già lontana, già vaga, sparente, nella memoria, l’alta valle di Courmayeur, un rimpianto si delinea nell’animo di chi compie i suoi doveri di viaggiatore ferroviario, biglietti, registrazione di bagagli, scelta del posto, compra di qualche [p. 460 modifica]ultimo, gracile mazzolino di edelweiss, compera di giornali freschi..... Un rimpianto Fra pochi minuti il viaggiatore sarà seduto, in un vagone di prima classe, immobile come una decorosa mummia dei tempi del triste Amenophi, re egiziano: immobile, presso lo sportello di destra o presso quello di sinistra: stringendo convulsamente i suoi giornali, di cui finirà per leggere anche gli avvisi di quarta pagina: stringendo convulsamente l’orario di cui imparerà a memoria le stazioni: e il traino orribile comincierà, si seguirà, durerà, durerà, con tutti i suoi episodii comuni e volgari, con tutti i suoi incidenti di ogni giorno, di ogni ora, di ogni momento, dando al viaggiatore uno di quelli abbrutimenti sempre più forti, come non lo dà nessuna ubbriachezza.

Chilometri e chilometri saranno divorati, egualmente, sempre con lo stesso passo affannoso, e che, infine, non sembra mai abbastanza rapido: ore e ore passeranno, in una noia così mortale, che neppure la più dolce compagnia di un amico o di un libro, giungerà mai a vincere. E il viaggiatore, trasportato come un animale, come [p. 461 modifica]un bruto, come una valigia, come un pacco di carne e di cenci, non vede nulla, non sa nulla, non capisce più nulla; egli giunge istupidito, esausto, demolito, alla stazione di arrivo, non ricordando altro che la sua tortura ferroviaria, uno di quelli abbominevoli tragitti veloci, si, ma non abbastanza veloci, fastidiosi sino all’esaurimento nervoso, noiosi fino alle lacrime di noia, fatti per far esecrare questo progresso, ancora, fra noi, così meschino, così povero, con pochi dei suoi vantaggi, con molti dei suoi svantaggi. E il viaggiatore, che, tra pochi minuti; sarà inghiottito dal treno, voracemente, per escirne maciullato, è torturato dal rimpianto acuto del viaggio, cui egli rinunziò, dell’altro viaggio, cui gli altri non rinunziarono: un rimpianto inconsolabile. [p. 462 modifica]



Giacchè due terzi, almeno, di coloro che vissero due mesi o un mese, in montagna, hanno saviamente, poeticamente preferito di andarsene all’antica maniera, cioè in carrozza o a cavallo, passando nelle altre valli alpine italiane, scendendo in Isvizzera. Ogni mattina, innanzi agli alberghi, i campanelli delle mule tinnivano con argentine vibrazioni, allargantesi armoniosamente nello animo: erano i più infaticabili villeggianti alpini, che se ne andavano via, per le strade mulattiere, attraversando, a tappe consecutive, il colle del Gigante, per discendere a Chamonix, in Francia: e i mulattieri tenevano le briglie ai felici partenti, donne e uomini, e i bagagli venivan dietro, su altri muli, e i dialoghi s’incrociavano, i saluti di evviva, gli augurii di una simpatica traversata. Ogni mattina, innanzi a gli alberghi schioccavano le fruste dei cocchieri, guidanti i grandi [p. 463 modifica]carrozzoni col coupé, innanzi, come all’antica maniera, con un largo cassone, dietro, per i bagagli, i carrozzoni carichi di plaids, di mantelli impermeabili, di bastoni ferrati, di panieri, per provvisioni: erano altri viaggiatori che partivano per il Piccolo san Bernarbo, per discendere, sempre in carrozza, poiché è tutta via carrozzabile, in Francia, per visitare l’Alta Savoia e il Delfinato, e i saluti lieti ricominciavano, e i partenti ripetevano il loro itinerario, minuto, preciso, a chi restava, e una mestizia colpiva coloro che erano ancora lì, che non poteano seguirli immediatamente, o non poteano seguirli, per quella via. Altri viaggiatori sceglievano i passi alpini, ove la via è per metà in carrozza, per metà a cavallo: l’austera via del colle della Seigne: la romantica via del colle Ferret: la storica via del Gran san Bernardo, che ha visto passare Napoleone I. E i loro itinerarii pensati, maturati, discussi, talvolta tracciati sopra una carta, formavano l’occupazione degli ultimi giorni di villeggiatura: «la famiglia Tale va via domani». «Per ferrovia?». «Ma no, va in carrozza, a Saint Remy....». «La famiglia Tal Altra [p. 464 modifica]va a Ginevra: ma prende la strada di Martigny.....». E questi altri, domani, in carovana partono a piedi, sì, persino a piedi, per il colle tale, per cui si abbrevia molto......». «La famiglia Tal Altra va, prima di rientrare, a Gressoney, di là in Valtournanche e colà, forse, due o tre scendono a Zermat, per il colle del Thèodule......». O lungo, lungo, inconsolabile rimpianto, di chi per ignoranza, per ignavia, per brevità di tempo, per altri doveri di famiglia, di lavoro, è destinato ad andare a prendere un treno, solo un treno, o due treni, o tre treni!.....



Giacché nulla è più poetico ed è più divertente di questi viaggi, all’antica maniera. Le carrozze sono larghe e comode; se piove, si possono chiudere e chiudono bene, a meraviglia...... I cavalli sono forti e tranquilli, i cocchieri sono onesti, taciturni, gentili e sobrii. [p. 465 modifica]Questi viaggi sono di una durata da quindici a venti ore, almeno, per giungere in Francia, in Isvizzera, o nelle valli lontane d’Italia: ma si dividono in tappe di quattro o cinque ore l’una: e le medesime tappe sono divise, in due, dal cambio dei cavalli. Dopo quattro o cinque ore di viaggio, giungete al paesello, all’alberghetto, dove dovete far colazione: dopo un riposo lungo o breve, secondo il vostro capriccio, riprendete la via per giungere, verso sera, all’altro paese, all’altro alberghetto, ove dovete pranzare e dormire. Il giorno seguente, si ricomincia ., . . . E col passo dei cavalli, comodamente, quietamente, voi attraversate una serie di paesaggi nuovi, simpatici, attraenti per la grazia o attraenti per la austerità: voi godete tutta la bellezza di una natura gentile o solenne, in una muta contemplazione, voi vi fate trasportare, come volete, in fretta, o con lentezza: voi vi fermate quando vi pare, voi ripartite, quando vi conviene, voi scendete di carrozza, risalite, pensate, sognate, fumate, parlate, secondato dal movimento della vostra chaise de poste che, secondo il vostro capriccio o il vostro borsellino, [p. 466 modifica]è a tre o a quattro cavalli. E vedete i bizzarri e deliziosi paesi, di montagna e di collina: dovunque trovate della cortesia e dei sorrisi, poiché quei valligiani sono abituati a questi passaggi: dovunque, potete passare mezza giornata, o una notte, se vi piace. La nitidezza di quegli alberghetti, è incantevole: il senso singolare di riposo e di mistero, coricandovi in una di quelle piccole stanze, modeste, di una modesta locanduccia, in uno oscuro paesello, non è mai così profondo, altrove. Se voi dirigete la parola al cocchiere esso vi risponde; se no, non vi secca, Se interrogate un valligiano, o una piccola pastorella, vi risponde gentilmente, come essa sa, con poche parole. Il prezzo che costa una traversata di queste, è inferiore a quello della ferrovia, o è pari: il tempo è, spesso, molto minore, poiché le vie ferroviarie, è strano a dirsi, allungano, spesso il viaggio..... Ma ciò che si guadagna di poesia, di bellezza, di interesse fantastico soddisfatto, di curiosità candida accontentata, è veramente impagabile: ma ciò che si riporta nell’anima, nella immaginazione, come segreto tesoro d’impressioni e di ricordi, non [p. 467 modifica]rassomiglia a nessun altro tesoro E quando dopo un così ingenuo antico e semplice viaggio, vi si presenta tutta la modernità, in Francia, in Svizzera, sotto la forma degli express, delle funicolari e delle immense stazioni, per terra e sui laghi, voi non siete più triste, voi non vi dolete dell’aridità e della banalità modernissima, voi non avete rimpianti, poiché voi aveste l’ora di vecchia poesia rinnovellata, che rese più vivido il vostro sangue, e più alata la vostra fantasia......