Lettere al padre/1633/93
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A Roma
San Matteo, 11 giugno 1633
Amatissimo Signor Padre.
Ultimamente scrissi a V. S. le cose del contagio esser ridotte in assai buon termine, ma adesso non posso con verità replicar il simile, giacché da alcuni giorni in qua, essendo variata la stagione con un fresco più che ordinario in questo tempo, il male ha ripreso forze, e ogni giorno si sente serrarsi nuove case, se bene il numero di quelli che muoiono non è grande, non passando per quanto dicono, i sette o gli otto il giorno, e altrettanti se ne ammalano. Stando pertanto le cose in questo termine, giudicherei che ad ogni modo Ella se ne potesse venire alla volta di Siena, come ha già disegnato, quando però siano terminati del tutto i suoi negozi per il presente mese, già che poi fino all’autunno non si può batter la campagna di Roma, per quanto intendo dal signor Rondinelli; e io non vorrei già che V. S. fossi astretta a far costà tanto lunga dimora. Sì che di grazia procuri, per quanto può, la sua spedizione, la quale spero pure che sia per ottenere quanto prima con l’aiuto di Dio benedetto e del signore Ambasciatore, il quale si vede chiaramente non essersi mai straccato nell’aiutare e favorire V. S. con tutte le sue forze. E veramente, carissimo Signor Padre, che se da una parte il Signor Iddio l’ha travagliata e mortificata, dall’altra poi l’ha sollevata e aiutata grandemente. Solo l’averla conservata sana con i disagi che patì per il viaggio, e di poi con i travagli che ha passati, è stata una grazia molto particolare. Piaccia al Signor Iddio di concederci che non siamo ingrati a tanti benefizi, e di conservarla e proteggerla sino all’ultimo; del che lo prego con tutto il cuore, e a V. S. mi raccomando per mille volte insieme con le solite.
figliuola Affezionatissima
S. M. Celeste.