Lettere al padre/1630/42
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A Bellosguardo
21 gennaio 1629 [1630]
Amatissimo Signor Padre.
In risposta della sua gratissima gli dico che Suor Arcangiola sta bene, ed io poco manco che bene, già che per consiglio del medico Ronconi fo di presente un poco di purga piacevole, per ovviare, se sarà possibile, ad un’oppilazione duratami (fuor d’ogni mio solito) da sei mesi in qua, e credo che domattina piglierò una presa di pillole. Non mi sento veramente indisposizione particolare; ma, stando in questa maniera, dubito che mi verrebbe senz’altro. Suor Violante sta alquanto meglio, e va ancora purgandosi. Suor Giulia ci dà che fare assai, non agiutandosi niente da per sé, e, ogni volta che si leva dal letto, siamo 3 o 4 a portarla. Non credo senz’altro che sia per scamparla, essendo la febbre continua con andata di corpo. Io gli assisto continuamente, parendomi adesso il tempo di dimostrare a Suor Luisa l’affezione che gli porto, con levarle quelle fatiche ch’io posso.
Vincenzio tenne parecchi giorni l’oriuolo, ma da poi in qua suona manco che mai. Quanto a me, giudicherei che il difetto venissi dalla corda, che, per esser vecchia, non scorra. Pure, perché non me ne risolvo, glielo mando, acciò veda qual sia il suo mancamento, e lo raccomodi. Potrebb’anco esser che il difetto fossi mio per non saperlo guidare, che perciò ho lasciati i contrappesi attaccati, dubitando che forse non siano al luogo loro: ma ben la prego a rimandarlo più presto che potrà, perché queste monache non mi lascerebbono vivere.
Suor Brigida le ricorda il servizio, che gli ha impromesso, cioè la dote di quella povera fanciulla, e io avrei caro di saper se ha avuto per me dalla Porzia il servizio che li domandai. Non lo nomino acciò V. S. non mi dica fastidiosa, ma solo glielo ricordo.
Avrò caro anco di sapere se la lettera ch’io scrissi per Suor Maria Grazia fu conforme al desiderio di V. S., ché, quando ciò non fossi, procurerei d’emendar l’errore con scriverne un’altra, avendo scritta quella con molta penuria di tempo, il quale mi manca sempre per compire le mie faccende, e per disgrazia non posso tor alcun’ora al sonno, perché conosco che m’apporterebbe grandissimo nocumento alla sanità.
La ringrazio del servizio fattomi della muletta, la quale feci istanza che m’accomodassi, acciò che Suor Chiara, che la ricercava, non dubitassi ch’io non volessi che fossi servita. Gli rimando il fiasco voto, essendo a Suor Violante molto gustato il buon vino che v’era dentro, e la ringrazia.
Suor Arcangelo, quando l’altro giorno vedde l’involto di caviale che V. S. mandò, restò ingannata, credendosi che fossi certo cacio d’Olanda ch’è solita di mandarne, sì che se V. S. vuol ch’ella resti satisfatta, di grazia ne mandi un poco avanti che passi Carnevale.
Adesso ch’ho buona vena di cicalare non finirei così per fretta, se non dubitassi di venirle a fastidio o più presto causarle stracchezza; che perciò finisco con raccomandarmeli per mille volte, insieme con Suor Luisa e tutte di camera. Il Signore la feliciti sempre.
sua figliuola Affezionatissima
S. Maria Celeste.