Lettera 27

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A Bellosguardo

[marzo/aprile 1628]

Amatissimo Signor Padre.

Il tempo d’oggi tanto quieto mi dava mezza speranza di riveder V. S. Poiché non è venuta, ci è stata molto cara la venuta del grazioso Albertino, avendoci egli dato nuova che V. S. sta bene, e che presto verrà a vederci, insieme con la zia; ma, questo ma guasta ogni cosa; quel sentire ch’Ella sia ritornata così presto al solito esercizio dell’orto, mi dispiace non poco; perché, essendo ancora l’aria assai cruda e V. S. debole del male, dubito che non gli faccia danno. Di grazia V. S. non si scordi così presto in che termini ella sia stata, e abbia un poco di amore più a sé stessa che all’orto; ancor ch’io creda che, non per amore ch’abbia all’orto, ma per il gusto che ne piglia, si metta a questo risico. Ma in tempo di quaresima, par che si convenga far qualche mortificazione: V. S. facci questa, privisi per qualche poco di questo gusto.

Scrissi l’altro giorno a V. S. che se per sorta aveva qualche altro cedro, mi sarebbe stato grato; e ora di nuovo la prego che, se avessi comodità di provvedermene uno o due mi farebbe grandissimo piacere; quando non fossino nostrali non importerebbe, perché dovendo il Cavalier Marzi, ch’è tornato nostro Governatore, venir a darne l’acquasanta questa settimana santa, siamo in obbligo Suor Luisa ed io di regalarlo di qualche galanteria nella nostra bottega; e vorremmo fargli 4 di quei morselletti che tanto gli piacciono, quelli di V. S. non sono ancora asciutti; perché il tempo non mi ha servito se non oggi. Gli mando parecchie uve accomodate, e 6 pine che saranno pei ragazzi. La ringrazio della carne, e perché sto adesso tanto bene, penso di ripigliar la quaresima venerdì prossimo, perciò V. S. non piglierà pensiero di mandarmene più: per fine la saluto insieme con la zia; Dio benedetto la feliciti.

sua figliuola Affezionatissima

S. M. Celeste.