Lettere (Sarpi)/Vol. II/251

CCLI. — Al medesimo

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CCLI. — Al signor De l’Isle Groslot.1


Dopo l’aver dato ricapito ad un’altra mia scritta a V.S. il giorno d’ieri, mi capita la sua delli 7 marzo, per quale intendo che Lei ha veduto il signor ambasciatore Gussoni; e rendendomi certo che l’uno e l’altro abbia ricevuta compita soddisfazione, me ne rallegro. E sebbene quel signore partirà seguendo il re, credo però che tra loro sarà posto appuntamento per communicare insieme per via di lettere; come prego V.S. di fare, perchè quella communicazione sarà un mezzo di mantener la nostra.

Rendo grazie a V.S. delli avvisi datimi, li quali ho anco comunicato all’amico comune. Mi duole estremamente dell’inquietudine di cotesto nobilissimo regno; ma siccome in un corpo umano infermo, quando la natura contrasta col male, si può restar in speranza (chè se succombe, non vi è luogo salvochè alla disperazione); così, poichè il male è in vigore, il contrasto fattoli dalla persona debbe darci speranza di buon successo. E così prego la divina Maestà che succeda.

Il duca ha fatto sapere che gli Spagnuoli dicono d’aver in mano la conclusione con Venezia, ma che [p. 427 modifica]più tosto vogliono convenir con lui ed offeriscono partire il Monferrato. Disse essergli note le arti; esorta ad avvertirle; raccorda il fatto di Santen.2

Il pensiero di Spagna sarebbe accomodare di presente le differenze, ed attendere a Germania; cavar di mano li luoghi, e farsi ceder da Ferdinando il contado di Gorizia; e così serrar per mare e per terra ogni passo, e restar arbitri d’Italia. Il papa fa tutto per loro, e se in Spagna non riuscirà l’accordo, lo vuole in Roma; conserva l’odio vecchio, e si lascia persuadere vantaggi grandi. Li altri principi italiani, tutti sono servi per timore o per pensione.

Non crederò che mai si faccia mutazione di stato se non si fa di religione;3 ma, con guerra ad ambe le porte d’Italia, non si vede che s’incammini alcuna disposizione a questo, anzi più si stabilisce la vecchia. Per fine, prego a Vostra Signoria da Dio Nostro Signore ogni contento.

Di Venezia, il dì 29 marzo 1617.




Note

  1. Edita come sopra, pag. 582.
  2. Così ha la prima stampa, ma non senza sospetto d’errore.
  3. Coloro che menarono sì gran rumore per la scoperta delle lettere del Sarpi al Duplessis (da forse quarant’anni stampate), non avevan di quelle bisogno, potendo ad essi bastare il far commenti a lor modo sopra queste parole della presente. Delle quali tolga il cielo che noi tentiamo di offuscare in verun modo la sfolgorante chiarezza. Diremo bensì che, dopo il Machiavelli, nessun altro politico italiano aveva osato di pensare nè scrivere su tal materia in modo sì esplicito; e che tra i mille ingiuriosi nomi che furono per ciò dati al segretario fiorentino, non mai tuttavolta erasi udito quello di traditore.