Lettere (Sarpi)/Vol. I/98

XCVIII. — All’ambasciatore Francesco Priuli

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XCVIII. — All’ambasciatore Francesco Priuli
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XCVIII. — All’ambasciatore Francesco Priuli.1


Conoscendo certo, che se io tentassi di esprimere quante grazie debbo a V.E. per la memoria che tiene di me, e per il favore fattomi con la sua delli 28 settembre, lo farei imperfettamente; [p. 319 modifica]giudico meglio pregarla con queste poche righe a credere che le resto obbligato tutto intieramente. Credo per certo, che V.E. avrà difficil negoziare in codesta corte, non tanto perchè così sia ordinario, quanto anco per più speziali ragioni che passano al presente: ma a Lei che con altri carichi ha superate difficoltà insuperabili, spero dover riuscire codeste minori che agli altri.

Il gentiluomo di Germania mio amico ha visitato più volte l’illustrissimo Contarini, straordinario per l’Inghilterra, che forse pensa fare il viaggio per quella regione, e l’ha soddisfatto molto d’istruzione. Gli dispiace molto che V.E. non abbia ritrovato il principe di Anhalt: egli se ne sta aspettando opportunità di far qualche buon’opera, e crede che in breve possi venir occasione. L’ho pregato dirmi alle occorrenze qualche cosa che possa servire a V.E.: mi promette che ricevute lettere dal suddetto, mi comunicherà.

La sentenza fatta dal Consiglio de’ Dieci contro l’abate Marcantonio Cornaro (che non le riferisco, credendo che da altra parte ne sarà a pieno avvisata) mi rende qualche sollecitudine che non ecciti alcuna controversia con la Corte di Roma. Sia nondimeno quel che si voglia, sarà approvazione delle ragioni pubbliche, così se taceranno, come se, opponendosi, converrà poi acquetarsi.

Le darò nuove di Roma; e certe. Il fratello di quell’Antonio Seierli ch’era qui, è stato ricevuto a Roma per ambasciator del Persiano;2 ed entrò col [p. 320 modifica]turbante, ma in cima di quello era un Cristo d’oro. Ha impetrata dal papa una benedizione di corone e medaglie la più ampla che mai sia stata concessa, con un particolare d’indulgenza plenaria a chi pregherà Dio per la conservazione del re di Persia: da che si vede quanto Sua Santità sia dissimile da qualche pontefice passato, che hanno data indulgenza a chi offendeva principi cristiani loro poco benevoli. Il figlio del marchese di Vigliena, vice-re di Sicilia, preso e fatto turco (come V.E. avrà saputo), era prete, ed aveva alcuni buoni beneficii. La Sua Santità ha concesso che il titolo di quelli gli resti ancora in capo, e per la sua apostasia non vachino; ma bene sii privato delli frutti, li quali restino al marchese padre; facendo due grazie singolari: una, che un apostata rinnegato possi aver titolo di benefizio ecclesiastico; l’altra, che un maritato sia padrone delli frutti.

Molte cose si dicono intorno al negozio di Cleves, che costì si sapranno più certe che qui. Solo ho per certo, che alla corte di Francia fossero tre ambasciatori; uno dell’elettore di Brandeburgo, l’altro del palatino di Neuburg e il terzo degli Stati di Cleves; che negoziano tutti insieme, e sono molto ben veduti e trattati. A’ 22 settembre partì d’Amsterdam il genero di Berneveld, destinato da quegli Stati per ambasciatore a questa Repubblica: così egli avvisa un suo amico, ch’è qui, e mi ha comunicata la lettera. Farà la via di Francia, ma a cammino presto.

Io piglierò per ordinario di scrivere ogni settimana a V.E. quelle cose che crederò non esserle scritte da altri. Se le riescirò molesto, la pregherò [p. 321 modifica]incolparne la sicurtà ch’Ella mi presta; ed ora finisco, pregando Dio che doni a V.E. prosperità presente e perpetua.

Venezia, il 16 ottobre 1609.




Note

  1. Stampata tra le Opere di Fra Paolo, dell’edizione da noi citata del 1765, tom. VI, pag. 200. Ci siamo anche valsi talvolta di copie già condotte sui manoscritti che di queste Lettere si conservano negli Archivi di Venezia. Il Priuli era stato mandato ambasciatore all’imperatore Rodolfo II, che allora faceva sua residenza in Praga.
  2. Anche nelle Vite, piene di ampollose lodi di papa Paolo V, si legge che il re di Persia desse, a quei giorni, adito libero ai Cristiani nelle sue terre, e mandasse ambasciatori al pontefice.