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lettere di fra paolo sarpi. 321

incolparne la sicurtà ch’Ella mi presta; ed ora finisco, pregando Dio che doni a V.E. prosperità presente e perpetua.

Venezia, il 16 ottobre 1609.




XCIX. — Ad Antonio Foscarini.1


   

Quanto s’aspetta a Sciampignì, la sua natura è aspra e difficile. Sa ch’egli non è grato nè in collegio nè in senato nè in Venezia; e, quello che importa più, nè egli si loda d’alcuno di quelli. In due parole, è odioso e odiante; nè bisogna sperare che persuasione possa in lui più che in una pica. E sia detto senza iperbole, altre volte io credeva che almeno fosse di buona mente: ora tengo che non fa il male che non sa; e non è credibile quanto in verità si scorge. Ha parlato di leghe con tanta mala grazia, che non si può dir più; e se ve ne fosse grandissima volontà, la farebbe passare. Credo che sia conosciuto benissimo da Villeroi, e lo tenga per servirsene a male, ad istanza del papa, di Roma e del re di Spagna. Si vedono chiari effetti.

Io non posso cavarmi di capo che il re di Francia e Savoia non facciano ad ingannarsi l’un l’altro. Mi par di vederlo troppo chiaramente; se mo l’effetto riuscirà altramente, io dirò: m’ingannava. In Savoia non appare se non pensiero d’avvantaggiare


  1. Tra le pubblicate dal Bianchi-Giovini ec., pag. 195. Sembra mancante del principio, come accennano i puntolini che noi ricopiamo dalla prima edizione.
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