Lettere (Machiavelli)/Lettera XXVII a Francesco Vettori
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Al mio molto honorando et magnifico Francesco Vettori.
Magnifice vir. Lo accordo è stato consigliato sempre di qua per quelle medexime cagioni che voi costì lo havete sempre consigliato; perché, veduto i portamenti di Francia et de' Viniziani, veduto il poco ordine che era nelle genti nostre, veduto come al papa era mancato ogni speranza di potere sostenere la guerra del regno, veduta la potenzia et obstinazione de' nimici, si giudicava la guerra perduta, come voi medesimo, quando io mi partii di costì, la giudicavi. Questo ha fatto che si è sempre consigliato lo accordo, ma si intendeva uno accordo che fosse fermo, et non dubbio et intrigato come questo, che sia fatto a Roma, et non observato in Lombardia; et che ci siano pochi danari, et quelli pochi bisogni o serbarli per un simile accordo tutto dubbio et restare disarmato; o, per restare armato, pagarli, et rimanere senza essi per lo accordo. Et così dove si pensava che uno accordo netto fosse salutifero, uno intrigato è al tutto pernizioso, et la rovina nostra.
Di costì si è hora scritto come lo accordo è quasi fermo; et perché la prima paga è sessantamila ducati, si fa fondamento per la maggior parte in su' danari che sono qui. Qui sono tredicimila ducati contanti, et settemila in credito con i Viniziani. Se i nimici vengono innanzi per venire in Toscana, bisogna spenderli in mantenere queste genti, a volere mantenere questa povera città, sì che, se voi vi fondate in su l'accordo, conviene si fondi in su uno accordo, che fermi queste armi et queste spese. Altrimenti, se si mantiene uno accordo intrigato, che faccia si habbia a provvedere allo accordo et alla guerra, e' non si provvedrà né all'uno né all'altro, et ne risulterà male a noi et bene a' nimici nostri, i quali attendono, caminando verso di noi, alla guerra, et lasciano voi avvilupparvi fra la guerra et gli accordi. Sono vostro.
Addì 14 d'Aprile 1527.