Lettere (Machiavelli)/Lettera XXVIII a Francesco Vettori
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Al molto magnifico Francesco Vettori suo honorando.
Magnifico ec. Monsignor della Motta è stato di questo dì in campo degl'imperiali con la conclusione dell'accordo fatta costì, che se Borbone lo vuole, egli ha a fermare l'esercito: se lo muove è segno che non lo vuole: in modo che domani ha da essere giudice delle cose nostre. Pertanto si è qua deliberato, se domani egli muove, di pensare alla guerra affatto, senza havere un pelo che pensi più alla pace; se non muove, pensare alla pace, e lasciare tutti i pensieri della guerra. Con questa tramontana conviene che voi ancora navighiate, e risolvendosi alla guerra, tagliare tutte le pratiche della pace, e in modo, che i Collegati venghino innanzi senza rispetto alcuno, perché qui non bisogna più claudicare, ma farla all'impazzata; e spesso la disperazione truova de' rimedi che la electione non ha saputi trovare. Costoro vengono costà senza artiglieria, in un paese difficile, in modo che se noi quella poca vita che ci resta, racozziamo con le forze della Lega che sono in punto, o eglino si partiranno di cotesta provincia con vergogna, o e' si ridurranno a termini ragionevoli. Io amo messer Francesco Guicciardini, amo la patria mia più dell'anima; e vi dico questo per quella esperienzia che mi hanno dato sessanta anni, che io non credo che mai si travagliassino i più difficili articolo che questi, dove la pace è necessaria, e la guerra non si può abbandonare; e havere alle mani un principe, che con fatica può supplire o alla pace sola o alla guerra sola. Raccomandomi a voi.
Addì 16 d'Aprile 1527.