Lettere (Machiavelli)/Lettera II a Francesco Guicciardini

Lettera a Francesco Guicciardini

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Lettera a Francesco Guicciardini
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Magnifico Domino Francisco de Guicciardinis etc.
Mutinae.

Io vi so dire che il fumo ne è ito sino al cielo, perché tra la anbascia dello apportatore et il fascio grande delle lettere, e' non è huomo in questa casa et in questa vicinanza che non spiriti; et per non parere ingrato a messer Gismondo, li mostrai que' capitoli de' Svizzeri et del re. Parvegli cosa grande: dissili della malattia di Cesare, et delli stati che voleva comperare in Francia, in modo che gli sbavigliava. Ma io credo, con tutto questo, che dubiti di non essere fatto fare, perché gli sta sopra di sé, né vede perché si habbia a scrivere sì lunghe bibbie in questi deserti di Arabia, et dove non è se non frati; né credo parerli quell'huomo raro che voi gli havete scritto, perché io mi sto qui in casa, o io dormo o io leggo o io mi sto cheto; tale che io credo che si avvegga che voi vogliate la baia di me et di lui. Pure e' va tastando, et io gli rispondo poche parole et mal conposte, et fondomi sul diluvio che debbe venire, o sul Turco che debbe passare, et se fosse bene fare la Crociata in questi tempi, et simili novelle da pancaccie, tanto che io credo gli paia mille anni di parlarvi a bocca per chiarirsi meglio, o per fare quistione con voi, che gli havete messo questa grascia per le mani, ché gli inpaccio la casa, et tengolo inpegnato qua; pure io credo che si confidi assai che il giuoco habbia a durare poco, et però segue in far buona cera et fare i pasti golfi, et io pappo per 6 cani et 3 lupi, et dico quando io desino - Stamani guadagno io dua giulii; - et quando io ceno: Stasera io ne guadagno quattro. - Pure, nondimeno, io sono obbligato a voi et a lui, et se viene mai a Firenze io lo ristorerò, et voi in questo mezzo gli farete le parole.

Questo traditore del Rovaio si fa sospignere, et va gavillando, et dice che dubita di non potere venire, perché non sa poi che modi potersi tenere a predicare, et ha paura di non andare in galea come papa Angelico; et dice che non gli è poi fatto honore a Firenze delle cose, et che fece una legge, quando vi predicò l'altra volta, che le puttane dovessino andare per Firenze con il velo giallo, et che ha lettere della sirocchia che le vanno come pare loro e che le menono la coda più che mai; et molto si dolse di questa cosa. Pure io l'andai racconsolando, dicendo che non se ne maravigliasse, ché gli era usanza delle città grandi non star ferme molto in un proposito, et di fare hoggi una cosa et domani disfarla; et gli allegai Roma et Athene, tale che si racconsolò tutto, et hammi quasi promesso: per altra intenderete il seguito.

Questa mattina questi frati hanno fatto il ministro generale, che è il Soncino, quello che era prima huomo, secondo frate, humano et dabbene. Questa sera debbo essere innanzi alle loro paternità, et per tutto domani credo essere spedito, che mi pare ogni hora mille, et mi starò un dì con vostra Signoria, quae vivat et regnet in secula seculorum.

Addì 18 di Maggio 1521.

Nicolaus Maclavellus
orator pro Republica Florentina ad Fratres Minores