Lettere (Machiavelli)/Lettera III a Francesco Guicciardini

Lettera a Francesco Guicciardini

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Lettera a Francesco Guicciardini
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Magnifico d. Francisco de Guicciardinis etc.

Cazzus! E' bisogna andar lesto con costui, perché egli è trincato come il trentamila diavoli. E' mi pare che si sia avveduto che volete la baia, perché, quando il messo venne, e' disse: — Togli, ci debbe essere qualche gran cosa; i messi spesseggiano; — poi, letta la vostra lettera disse: — Io credo che il governatore strazi me et voi. — Io feci Albanese messere, et dissi, come io lasciai certa pratica a Firenze di cosa che apparteneva a voi et a me, et vi havevo pregato che me ne tenessi avvisato quando di laggiù ne intendevi cosa alcuna, et che questa era la massima cagione dello scrivere; in modo che il culo mi fa lappe lappe, ché io ho paura tuttavia che non pigli una granata et rimandimi alla hosteria; sì che io vi priego che domani voi facciate feria, acciò che questo scherzo non diventi cattività, pure il bene che io ho havuto non mi sia tratto di corpo: pasti gagliardi, letti gloriosi, et simili cose, dove io mi sono già tre dì rinfantocciato.

Questa mattina ho dato principio alla causa della divisione; oggi ho a essere alle mani, domani crederrò spedirla.

Quanto al predicatore, io non ne credo havere honore, perché costui nicchia. Il padre ministro dice che gli è inpromesso ad altri, in modo che io credo tornarmene con vergogna; et sammene male assai, ché io non so come mi capitare innanzi a Francesco Vettori et a Filippo Strozzi, che me ne scrissono in particulare, pregandomi che io facessi ogni cosa, perché in questa quaresima e' potessino pascersi di qualche cibo spirituale che facessi loro pro. Et diranno bene che io gli servo di ogni cosa ad uno modo, perché questo verno passato, trovandomi con loro un sabato sera in villa di Giovan Francesco Ridolfi, mi dettono cura di trovare il prete per la messa per la mattina poi. Ben sapete che la cosa andò in modo che quel benedetto prete giunse che gli havevano desinato, in modo che gli andò sotto-sopra ciò che vi era, et seppommene il malgrado. Hora se in questa altra commissione io rinbolto sopra la feccia, pensate che viso di spiritato e' mi faranno. Pure, io fo conto che voi scriviate loro dua versi, et mi scusiate di questo caso al meglio saprete.

Circa alle Storie et la repubblica de' zoccoli, io non credo di questa venuta havere perduto nulla, perché io ho inteso molte constitutioni et ordini loro che hanno del buono, in modo che io me ne credo valere a qualche proposito, maxime nelle comparationi, perché dove io habbia a ragionare del silentio, io potrò dire: — Gli stavano più cheti che i frati quando mangiono; — et così si potrà per me addurre molte altre cose in mezzo, che mi ha insegnato questo poco della esperienza.

Addì 19 di Maggio 1521.

Vostro Nicolò Machiavelli