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A Mario Pieri1


Padova, 11 Agosto 1809.

Addolora me pure infinitamente la tristissima cagione per cui siete a Venezia, mio buono amico. Povero giovane, e più povera madre! Il ciclo vi rimuneri della pietà che avete per lui, pietà sì difficile a rinvenirsi in questi tempi sciagurati di perfetto egoismo2.

È vero che Rosini stamperà il mio Canova3, ed è pur vero ch’io gli offersi, onde il suo interesse fosse al coperto, un numero di associati. Egli me lo ricercò discretissimo, ed io, ringraziandovi infinitamente della gentilezza vostra, che altro non è che gentile il desiderio che mi dimostrate d’essere del numero uno, gli manderò il vostro nome.

Non conosco l’opera di cui mi parlate, ma la ricercherò tosto, ringraziandovi intanto infinitamente di questo cenno, che potrà servirmi almeno per le descrizioni future. Desidero però che un sì gran lume m’illumini e non mi abbagli, e mi faccia del mio ardire pentita.

Che n’è di Marietta nostra 4 e perchè non me ne parlate? Voglio credere che sia pur essa costà, e vi prego dirle mille cose affettuose in mio nome. Ditele che il suo Ritratto sta nella mia stanza e presso il mio letto. Pipì 5 sta meglio, ma fu male, ed io quasi per impazzire. Addio, mio gentile amico. Addio. Non ritornerete a Treviso per Padova? Noi tutti lo desideriamo caldamente.

Note

  1. È pubblicata nelle Lettere d’illustri italiani a Mario Pieri, edite a cura di David Montuori. Firenze, Le Monnier, 1863.
  2. Pieri da Treviso era corso a Venezia per assistere il suo amico Demetrio Pieri, che poco dopo moriva (PIERI, Vita, libro III, 195).
  3. Le descrizioni delle opere ecc. di Canova, stampate dal Rosini a Pisa coi caratteri del Didot. -- Vedi pag. 89, in nota.
  4. Maria Petrettini.
  5. Pipì chiama qui per vezzeggiativo suo figlio Giuseppino. Foscolo chiamavalo Pippi.