V - A Cristoforo Clavio in Roma

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V - A Cristoforo Clavio in Roma
IV VI

(Firenze, 30 dicembre 1610)

Molto Rev.do P.re e mio Sig.r Col.mo

La lettera di V.R. mi è stata tanto più grata, quanto più desiderata e meno aspettata; e avendomi ella trovato assai indisposto e quasi fermo a letto, mi ha in gran parte sollevato dal male, portandomi il guadagno di un tanto testimonio alla verità delle mie nuove osservazioni: il quale, prodotto, ha guadagnato alcuno degl’increduli; ma però i più ostinati persistono, e reputano la lettera di V.R. o finta o scrittami a compiacenza, e in somma aspettano che io trovi modo di far venire almeno uno dei quattro Pianeti Medicei di cielo in terra a dar conto dell’esser loro e a chiarir questi dubbii; altramente, non bisogna che io speri il loro assenso. Io credevo, a quest’ora dovere essere a Roma, avendo non piccolo bisogno di venirvi; ma il male mi ha trattenuto: tuttavia spero in breve di venirvi, dove con strumento eccellente vedremo il tutto. In tanto non voglio celare a V.R. quello che ho osservato di Venere da 3 mesi in qua.

Sappia dunque, come nel principio della sua apparizione vespertina la cominciai ad osservare e la veddi di figura rotonda, ma piccolissima; continuando poi le osservazioni, venne crescendo in mole notabilmente, e pur mantenendosi circolare, sin che, avvicinandosi alla maxima digressione, cominciò a diminuir dalla rotondità nella parte aversa al sole, e in pochi giorni si ridusse alla figura semicircolare; nella qual figura si è mantenuta un pezzo, ciò è sino che ha cominciato a ritirarsi verso il sole, allontanandosi pian piano dalla tangente: ora comincia a farsi notabilmente cornicolata, e così anderà assottigliandosi sin che si vedrà vespertina, e a suo tempo la vedremo mattutina, con le sue cornicelle sottilissime e averse al sole, le quali intorno alla massima digressione faranno mezzo cerchio, il quale manterranno inalterato per molti giorni. Passerà poi Venere dal mezzo cerchio al tutto tondo prestissimo, e poi per molti mesi la vedremo così interamente circolare, ma piccolina, sì che il suo diametro non sarà la 6a parte di quello che apparisce adesso. Io ho modo di vederla così netta, così schietta e così terminata, come veggiamo l’istessa luna con l’occhio naturale; e la veggo adesso adesso di diametro eguale al semidiametro della luna veduta con la vista semplice. Ora, eccoci, Signor mio, chiariti come Venere (e indubitamente farà l’istesso Mercurio) va intorno al sole, centro senza alcun dubbio delle massime rivoluzioni di tutti i pianeti; in oltre siamo certi che essi pianeti sono per sé tenebrosi e solo risplendono illustrati dal sole, il che non credo che occorra delle stelle fisse, per alcune mie osservazioni, e come questo sistema de i pianeti sta sicuramente in altra maniera di quello che si è comunemente tenuto, così nel determinare la grandezza delle stelle (trattone il sole e la luna) si sono presi errori nella maggior parte de i pianeti e in tutte le fisse, di 3, 4 e 5 mila per cento, e più ancora.

Quanto a Saturno, non mi meraviglio che non l’abbino potuto distintamente osservare; prima perché ci bisogna strumento che multiplichi le superficie almanco 1000 volte; di più, Saturno adesso è tanto lontano dalla terra, che non si vede se non piccolissimo; tuttavia l’ho fatto vedere qui a molti dei loro fratelli così distintamente, che non vi hanno alcuna dubitanza; e si vede giusto così oOo. Cinque mesi sono, si vedeva assai maggiore: da quel tempo è diminuito molto, né però si è mutata pure un capello la costituzione delle sue 3 stelle, le quali per quanto io stimo, sono esattamente parallele non al zodiaco ma all’equinoziale. [...]

Ora, per rispondere interamente alla sua lettera, restami di dirgli come ho fatto alcuni vetri assai grandi, benché non ne ricuopra gran parte, e questo per due ragioni: l’una, per potergli lavorar più giusti, essendo che una superficie spaziosa si mantiene meglio nella debita figura, che una piccola; l’altra è, che volendo veder più grande in un’occhiata, si può scoprire il vetro: ma bisogna presso all’occhio mettere un vetro meno acuto e scorciare il cannone, altramente si vedrebbono gli oggetti assai annebbiati. Che poi tale strumento sia incomodo ad usarsi, un poco di pratica leva ogni incomodità; e io gli mostrerò come lo uso facilissimamente e con minor fatica assai che altri non fa nell’astrolabio, quadrante, armille, o altro astronomico strumento.

Averò soverchiamente tediata S.R.: scusi il diletto che ho nel trattar seco, e continui di conservarmi la sua grazia, di che la supplico con ogni istanza, come anco che ella mi procacci quella dell’altro Padre Cristoforo, suo discepolo, da me stimatissimo per le relazioni che ho del suo gran valore nelle matematiche. E per fine dell’uno et all’altro con ogni reverenza bacio le mani, e dal Signore Dio prego felicità.

Di Firenze, li 30 Dicembre 1610.

Di V. S. M. R.da Servitore Devotissimo

Galileo Galilei