Lettere (Filippo Sassetti)/Lettera XI

Lettera XI

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XI.

Al medesimo


Molt’Ill. ed Ecc. Sig.


Essendo rimaste per cammino, o tornate indietro due delle cinque navi, che si partirono di Portogallo, in Aprile passato, sono senza lettere di VS. E’ vero, che da Michele Saladini di Pisa mi è stata data nuova dell’essere suo, dicendomi, che S.A. Serenissima aveva datale in governo quella Città di Pisa. Stimo, che sarebbe ciò accaduto per godere VS. di quell’aria, che forse le sarà di meno nocumento, che quella nostra dilicata di Fiorenza, che se gliene sarà venuto giovamento, in questo ne arò grandissima satisfazione. Io le scrissi l’anno passato brevemente, e le mandai una lettera pel sig. Piero Vettori, nella quale gli dava conto di più cose di queste parti; e perocchè di Fiorenza tralle nuove non mi dicono cosa nessuna di lui, stimo, che io arò tanta grazia, che ella lo arà trovato vivo, che mi sarà di contento tanto grande, che io non potrei riceverlo maggiore. Se vedrò ancora una lettera sottoscritta da lui, e se Iddio ci darà vita, penso di scrivergli ancora un’altra volta per l’anno, che viene, perchè avendo messo uno di questi Medici Gentili sull’umore della cognizione, e procreazione de’ Semplici, sono andato quest’anno veggendo certe poche piante, e medicine, delle quali mando semi a S.A. con quel poco, che in poco tempo ho potuto saperne. Ho per questo effetto comprato un orto in Goa, dove disegno di mettere fino a un centinaio di piante delle più nominate in queste parti, che ce ne sono molte in predicamento di maravigliose; e pure d’una quì in Coccino, che domandano erba di Malucco, mi è convenuto fare la prova sopra di me, e l’ho sperimentata eccellente in saldare una piaga, che per una percossa ricevuta in nave mi s’era aperta in un piede; il saldo delle quali in questa Terra è cosa infinita, e fui liberato in tre giorni da quest’erba maravigliosamente, e sopra questa materia, che tanto diletta al Sig. Piero, gli scriverò qualcosa, che sarà comune con VS. siccome le sarà comune quello, che io scrivo quest’anno a Mess. Bernardo Davanzati, al quale mando un poco di discorso sopra certo medicamento, che quà usano questi Negri, cosa eccellente per la fortificazione dello stomaco, e consumo della flemma, del quale medicamento manderò per nave, che partirà fra pochi giorni, una scatola a Lisbona, perchè lo mandino al detto Mess. Bernardo per dividerlo con VS. e come ella vedrà questi Gentili hanno quà il Dioscoride loro, l’Ipocrate, e gli altri Dottori tutti, la scienza de’ quali è molto stringata; e se in alcuna cosa, parlando degli universali, ho inteso repugnanza alle scienzie nostre fino a quì, è stato il metodo, che dove noi cominciamo a notis nobis, essi scrivono a notis natura, avendo questo per principio nella scienza naturale, che tutto quello, che è, o è intelletto, o intellegibile, e di quì vanno a loro distinzioni. E quanto alla medicina vanno molto sensatamente, e la prima cosa intendono in ogni loro cura alla correzione degli uomori attivi, flemma e collora, e per questo rispetto non approvano molto molto il cavar sangue, mostrando, che come passivo umore non può violentare la natura. Alterano cogli sciloppi d’acqua pura dentrovi certi loro medicamenti, che essi portano con esso loro, gettandovegli in polvere all’ora del pigliargli. Hanno i medicamenti purganti eccellentissimi, per quanto essi dicono, e se non è in suggetti Cristiani non adoprano nè rabarbaro, nè aloè, nè scamonèa1, nè gli altri nostri. Hanno una intenzione di più de’ nostri medici, perchè dopo l’alterazione danno le purghe per evacuare, e danno certi medicamenti, che per propria virtù spengono la mala qualità nell’umore, che pecca; e piace loro molto questo termine, che io ho loro insegnato qi qualità occulta, che essi domandano per proprio nome nella loro lingua significante il medesimo, nella quale loro intenzione mi pare, che rimangano assai spesso ingannati, e che i malati curati da loro in questa forma sieno tornati a ricadere, e morirsi, sperimentando contro di loro l’aforismo d’Ipocrate male in se stessi osservato concocta medicari. Pensano di guarire le terzane2 senza alcuna evacuazione, o alterazione di sciroppi, dando certo legno macinato, che domandano quà Pao de Cobra3, che vuol dire legno contro alle serpi, il quale è amaro valentissimamente, che per mostra ne mando un pezzo a S.A. e un altro al Cardinale, e in somma egli hanno quà un mondo nuovo, caelumque suum sua sydera norunt: e chi fusse più giovane, ed avesse più principio della medicina come io scrivo a S.A. darebbe cognizioni, che potrebbero portar molto giovamento. Io sono stato dalla prima volta in quà, che io m’imbarcai, in fantasia di ripescare il Cinnamono in maniera, che le note attribuitegli dagli antichi, quanto sia per le proprie qualità, vi si riconoscono tutte; e con molta spesa, e travaglio mi pare di averlo rinvenuto, ma mi è giunta la mia certezza, quale ella sia, tanto sulla spedizione di queste navi, che io non ho potuto mettere insieme certi scritti sopra questa materia, e mandare il medesimo Semplice. Sarà piacendo a Dio per l’anno, che viene, e lo invierò a VS. perchè ella vegga il tutto, e ’nsieme col nostro Mess. Neri Neri, al quale mi sarà grazia di ridurmi a memoria, esamineranno il Semplice, e le cose, che se ne dicono; e riferendomi a quello, che a quel tempo sovverrà, sopra questo non ne tedierò più VS. Io non le mandai mai cosa nessuna di quei danari, che io aveva in mano di suo, perchè aspettava d’incontrarmi in qualche cosa di mio gusto; ma perchè il tempo passa, e l’avere mandato a VS. un anello, che le mando adesso, non m’impedirà mandarle quello, che mi si offerisse degno di lei, mando a Carlo Velluti un anello con un diamante in punta, e quattro rubini con questa nave San Francesco, perchè di quivi lo mandi a VS. Resta nelle mani di suo 64 .... che sono 387. reali Castigliani. Questo costa qualcosa da vantaggio, che quando io me ne venga per pigliare moglie, ce ne pareggeremo allora; che è quanto io voglio tediare con questa mia lettera VS. Pregole da Nostro Sig. Iddio vita, e contento.

In Coccino a’ 22 di Gennaio 1586.

Di VS. affezionatis. servit.

Filippo Sassetti.



Note

  1. Pianta perenne con grandi fiori color porpora, originaria dell’Asia e della Siria, dalla cui radice si estraeva un succo usato come potente purgativo. N. d. C.
  2. Ovvero la febbre terzana, forma di febbre malarica così detta per la sua ricomparsa ricorrente dopo tre giorni. N. d. C.
  3. La Rauvolfia serpentina, una pianta originaria dell’Asia, che gli indigeni indiani credevano avesse proprietà curative contro il veleno dei serpenti, e che indicavano con il termine sarpagandha. Il termine pao da cobra è stato coniato dal portoghese Garcia da Orta che la cita nella sua Materia Medica Indiana. N. d. C.