Lettere (Campanella)/XCVII. A monsignor Francesco Ingoli

XCVII. A monsignor Francesco Ingoli

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XCVII. A monsignor Francesco Ingoli
XCVI. A Cassiano del Pozzo XCVIII. Ad Urbano VIII
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XCVII

A monsignor Francesco Ingoia

Delle conversioni che ha operate e spera di operare,
e del frutto de’ suoi libri.

          Illustrissimo e reverendissimo
               signore padrone osservandissimo,

Per l’altra posta monsignor nunzio Bolognetti mi mandò a veder col suo secretarlo una lettera della santa congregazione, dove significava la ricevuta di quelli duoi ministri conversione e petizione. Adesso io mando la conversione e l’abiurazione del marchese d’Asserach, giovane di spirito grande e di nobiltá primaria, perché i suoi pendeno dal fratel di Massimo imperatore, chi scacciati gli armorici collocò i britanni nell’estremo di Francia, dove esso ha un marchesato ricco ed una isola bella — dove forse andarò a spasso per accomodarli il suo museo e galleria; — è stretto parente al duca di Roano. [p. 336 modifica]Pertanto prego che mi mandino subito una patente, ch’io possa riconciliar eretici ed absolverli di quei casi che concerneno alla facilitá della conversione ancorché riservati. E sappian che tengo all’amo di san Pietro pesci grossissimi. Spero presto farli veder in Roma; però la riprego mi sia intercessore appo Nostro Signore che il Mostro mi renda il libro approbato da tre teologi fatto per la congregazione de propaganda, detto il Reminiscentur. I miei libri fan frutto qua e per tutto; e li suoi scandalo grande, e non posso ovviarci. Mi forzo però. Di piú, io ho tirato quasi la Sorbona e li padroni alla confession di quel libro mio stampato in Iesi, De monarchia Messiae, per l’autoritá papale; però ingiustamente ad instanza di malevoli mi vien ritenuto, ché non si venda: vedete in che vittoria sto, ch’il parlamento avea decretato con la Sorbona contra chi scrivesse contra Aristotele, ed io ho stampato il libro De gentilismo praesertim aristotelico non retinendo con approbazion della Sorbona e privilegio del guardasigilli regio etc. M’ha impedito la perversa relazione del padre generale. Ma tutto ho vinto per aiuto divino.

Resto al comando di Vostra Signoria illustrissima.

 [Parigi,] a’ 29 di gennaro 1636.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore umilissimo
Fra Tomaso Campanella.


La lettera mia a Sua beatitudine verrá intra questa di Vostra Signoria con l’abiura del marchese. Vostra Signoria la doni subito overo la presenterá l’ambasciator cristianissimo.

All’illustrissimo e reverendissimo monsignor Ingoli,
     secretario della santa congregazione de propaganda fide,
          padrone osservandissimo.
 Roma, alla Cancelleria.