Lettere (Campanella)/LXXII. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc

LXXII. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc

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LXXII. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc
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LXXII

A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc

Lo informa della stampa de’ suoi libri; e lo ringrazia dell’offerta del danaro ch’egli ha, stretto dal bisogno, accettata, per proseguire il viaggio fino a Parigi e per procurarsi un vestito ad comparendum ecc.

               Illustrissimo e reverendissimo signor
                    e padrone osservandissimo,

Ieri gionsi a Lione; questa mane andai alle stampe. La Medicina è mezzo stampata. S’aspetta il privilegio del re. Per questo non la mando. Va bene. La Metafisica, ch’il libraro Brugiotti romano dice aver mandato qua fin dal mese di marzo, non si trova in nulla stampa. Anzi il Proost e ’l Cardan, coi quali esso tiene corrispondenza, mi dicon gran male di lui e di sua infedelitá. Scrivo a Roma a gli amici ed all’eccellentissimo ambasciatore che si la faccia rendere a forza o a bona voglia. Tengan caro gli originali sí forte etc.

Il mastro delle poste m’ha fatto assai carezze; e piú monsur Rossi e ’l Galileo, e m’offersero quanti denari mi bisognano a suo nome. Ho fatto il conto con monsur Barrema — il qual m’ha fatto carezze per amor di Vostra Signoria illustrissima e del signor barone [di Rians], ed ogge ha interceduto con l’arcivescovo che mi conduca in carrozza fin a Ruan dove tutti ci metteremo in barca, e forse in Orléans parlerò co ’l padre Gioseffo e col Buttiglier e quattro sorbonisti venuti a Monsu [duca d’Orléans] chi pur si ricorda di quel che li scrissi intra e fuor del dialogo, — e mi dice che per fin a Paris mi bisognano trentacinque scudi. Io n’ho delle doppie, che Vostra Signoria m’ha dato, nove solamente; perché pagai li cavalli ed altre coselle, e sempre pransai e cenai con l’arcivescovo pagando pro rata quanto tutti di sua tavola e lui etc.; per tanto ho pigliate dal signor Rossi doppie venti d’Italia, [p. 255 modifica]per l’occorrente viaggio e far un vestito ad comparendum etc. Vostra Signoria illustrissima mi perdoni che non è audacia, ma bisogno e certezza che. donde ho ricevuto tante grazie, non sia dannoso etc.

Resto perpetuamente obligatissimo a Vostra Signoria illustrissima e li prego da Dio ogni bene. Saluto caramente il signor nepote e tutti di casa insieme col valente astronomo Cassendo. Quel che mi dissero i con viandanti del suo studio non lo dico, né quel che risposi io. A dio.

 [Lione,] 16 novembre 1634.

Di V. S. illustrissima e reverendissima
servitore umilissimo ed obligatissimo
Tomaso Campanella.


Ho scritto in Roma a tutti.

               A monsignor l’abbate Peiresc,
                    padrone osservandissimo,
 Aix.