Lettere (Andreini)/Lettera XLIV

XLIV. Del medesimo.

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Lettera XLIII Lettera XLV
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Del medesimo.


C
ERTO non havea conoscenza d’Amore colui, che ’l finse fanciullo, senz’occhi, senza giuditio, e nudo non meno di consigli, che di spoglie, poiche bisogna esser huomo, & huomo accorto per saper ferir senza uccidere, & arder senza incenerire. Bisogna haver gli occhi, e molto più acuti di Lince, per veder come, e dove s’hanno da por i suoi seguaci, per nasconder i cari furti delle desiderate lor gioie. Bisogna esser in estremo giuditioso, per saper ammaestrar chi serve in tutto quello, ch’ad amante diligente conviensi,

[p. 44v modifica]e sopra tutto bisogna, ch’egli sia vestito d’habito d’accortezza, per saper dissimular à luogo, e à tempo gli interni affetti, ilche, se difficil sia, lo sò io, che ’l mio dolore chiudo nel seno, e procuro, che la fiamma, non appaia nel mio volto, e nego à me stesso la felicità del mirarvi, perch’altri non s’avvegga dell’infinito amor, ch’io vi porto, e quel ch’è peggio, bisogna, che molte volte i’ finga (e con quanto dolore, ditelo voi Signora mia, che nel mio cuor vivete) d’amar altra donna: e veramente à me pare (nè sia detto per mia lode) che quegli solo meriti nome d’amante, ilquale sapendo saviamente dissimular i suoi pensieri, la riputatione, e l’honor dell’amata donna conserva. Io merito dunque d’amarvi eternamente, poiche non m’essendo permessa altra maniera d’amare, vò accortamente dissimulando l’affetto interno, sì che non può esser alcuno, ancorche diligente osservatore, che sospetti, non che s’accorga del vero: & ancorche mi sia una viva morte il finger un male, per cuoprirne un’altro, tuttavia, e per l’honor vostro, ch’io stimo più della vita mia, e perche possiate meglio conoscere perfettion d’amore, mi compiaccio di fingere, e di tacere. Che l’amor mio sia perfettissimo, senz’altro può la vostra bellezza assicurarvene, chi vede lo splendor de’ vostri occhi, non può compiacersi d’altra luce. Chi è annodato dall’oro delle vostre chiome, abborrisse ogn’altro tesoro. Chi mira i fiori delle vostre guance, non si cura d’altra Primavera, e ’n somma, chi v’ama può andar sicuro in qual si voglia luogo, che non avverrà mai, che sia preso [p. 45r modifica]da nuovo amore; e questo, per isperienza di me, posso ben dire, poiche da quel giorno felice, che Amore nel cuor mio, quasi vittoriosa insegna, pose la bella imagine vostra, sola cagione della sua vittoria, non solamente, io non mi son compiaciuto d’altra bellezza: ma ho perduta la memoria, di quante mai, per altri tempi, io m’habbia vedute. Di voi sola, continuamente penso, e questi occhi miei, fuor di voi non si compiacciono d’altra vaghezza. Assicuratevi dunque della mia lealtà, poiche ’l mio amore, la mia fede, e la mia vita sono più stretttamente in uno, che non erano le ritorte del nodo gordiano, e sicome quello dalla spada d’Alessandro, così questo dalla falce di Morte sarà disciolto.