Lettere (Andreini)/Lettera LXXXVII

LXXXVII. Della pudicitia della donna.

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LXXXVII. Della pudicitia della donna.
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Della pudicitia della donna.


D
OPO l’essersi offerta à gli occhi miei la vostra lettera, hò senz’altro compreso (s’ella però non è scritta con fintione, come per lo più sogliono far gli amanti) che voi colpa d’Amore siete molto più aggravato dal peso de’ martiri, di quello, ch’ad huom prudente conviensi, poiche, se ben considerate, non è dovere, che tanto il vostro cuor s’avanzi in un’amore, ch’è in tutto, e per tutto nemico della mia honestà. A me sarebbe impossibile sodisfar al vostro desiderio, senza pregiuditio della mia fama, ilche mi sarebbe con ragione più della morte acerbo, perche sol vive reputo quelle donne, delle quali è salva la pudicitia; per viver dunque eternamente al dispetto dell’istessa Morte, bisogna usar ogni arte, ogni ingegno, & ogni forza, per non sommergersi nel periglioso Mare de gli indegni, vani, e lascivi pensieri d’Amore, sotto la tirannia di cui tante infelici piangono le loro sventure. Se la figlia di Leda non havesse aperto il seno à questo infernal Mostro, Ilio sarebbe anche in piedi, & ella di fama infame, non havrebbe occupate le carte. Se la Regina di Cartagine (per seguir ciò che di lei

[p. 82r modifica]scrive Virgilio) havesse perseverato nella sua pudica fiamma, ella havrebbe con perpetua lode seguita l’ombra del suo già caro sposo Sicheo: ma quello, che all’una, & all’altra fu dannoso, à me sia giovevole, tanto ch’io viva sempre lontana dalle insidie di falso Nume, e dagli inganni di simulate parole, che ordinariamente sogliono esser ruina di chi dannosamente lor crede; ond’io reputo avventuratissime quelle donne, che fanno con lodevol ghiaccio di resistenza, combatter con indegno fuoco di prosuntione; e per poter conseguir il giusto fine de gli honesti miei desiderij, vi supplico à far sì, che questa vostra lettera, ch’è stata principio, ancor sia fine della mia noia, accioche i’ non sia per mia disaventura sforzata, per la frequenza de’ vostri stimoli ad allontanarmi da i confini della ragione. Intorno al suono delle mie lodi, io chiudo le orecchie, per non cader nel laberinto della vanagloria, sapendo, che voi altri amanti vorreste far creder, per vostro interesse, alle donne, che fossero dotate di molto maggior gratia, e di molto maggior bellezza, che Iddio, e Natura lor non diedero. Non voglio trattar più di cose tanto contrarie al mio debito, & alla mia volontà, quanto son queste d’Amore, sol vi prego, che per mia quiete, e per salvezza dell’honor mio, non vogliate mandarmi più vostre lettere, e per vostro bene vi conforto à lasciar Amore, che benche difficile, non sarà però impossibile.