Lettere (Andreini)/Lettera LXXX

LXXX. Simili.

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Simili.


N
ON vada già fastoso, & altero Amore, perch’io e mi consumi, & arda. Non dica già d’havermi vinto, e non s’attribuisca questa vittoria, poiche voi mia bellissima Dea foste quella, che mi poneste in fuoco, voi quella, che mi vinceste, e vostra è la palma, e vostro è ’l trionfo del cuor mio, benche non degno, per la sua picciolezza del merito vostro. Io per me, non temo punto

[p. 75v modifica]d’Amore, temo ben di voi, nè credo, ch’egli mi potesse mai vincere; e se altramente ei crede, ne faccia la prova. Fatemi voi libero, e poi venga il fiero, con quel su’arco, tanto dall’altrui sciocchezza stimato, e vegga, se potrà mai ferirmi. Potranno ben di nuovo piagarmi gli occhi vostri, i quali senza dubbio, son quelli, che mantengono l’imperio ad Amore. Egli senza la virtù loro, non havrebbe nè Monarchia, nè nome. Sò ben io quanto son possenti quei begli occhi, e quanto più vò innanzi, tanto più conosco l’estrema lor forza, laqual in breve è per ridurmi a morte, se voi pietosi, e benigni ver me non li girate: ma quando ciò non mi sia lecito disperare, mi si conceda almeno, per gloria vostra, e per contento mio, di morir loro avanti, accioche, s’io non potei ottener uno sguardo cortese in vita, impetri almeno una lagrima pietosa in morte.