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LETTERE |
d’Amore, temo ben di voi, nè credo, ch’egli mi potesse mai vincere; e se altramente ei crede, ne faccia la prova. Fatemi voi libero, e poi venga il fiero, con quel su’arco, tanto dall’altrui sciocchezza stimato, e vegga, se potrà mai ferirmi. Potranno ben di nuovo piagarmi gli occhi vostri, i quali senza dubbio, son quelli, che mantengono l’imperio ad Amore. Egli senza la virtù loro, non havrebbe nè Monarchia, nè nome. Sò ben io quanto son possenti quei begli occhi, e quanto più vò innanzi, tanto più conosco l’estrema lor forza, laqual in breve è per ridurmi a morte, se voi pietosi, e benigni ver me non li girate: ma quando ciò non mi sia lecito disperare, mi si conceda almeno, per gloria vostra, e per contento mio, di morir loro avanti, accioche, s’io non potei ottener uno sguardo cortese in vita, impetri almeno una lagrima pietosa in morte.
Della gelosia feminile.
EN mi diceste voi, che quella mano bella sì; ma ladra, m’havrebbe anche un giorno di nuovo fatto prigione. Lasso me, io sento più che mai da lei annodato questo infelice cuore, e ben conosco, che ne’ tristi presagi, voi siete pur troppo verace; nè m’è giovato il vantarmi, e ’l giurare, che con intrepida mente, sarei fin’alla morte vissuto libero dalle amorose passioni. Ah che l’esperienza del proprio male non ha potuto farmi à bastanza giuditioso, & accorto; ma
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