Lettere (Andreini)/Lettera LXIX
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non si possa levar l’effetto. Ohime, che lontano provo maggior tormento, ch’io non provai vicino. Taccia dunque chi dice, che per liberarsi dall’amore, bisogna allontanarsi dall’oggetto amato, poiche in me stesso provo, che la lontananza, non solo non è bastante à dissipar amore: ma più di qual si voglia altra cosa è attissima à conservarlo, essendoche quanto più s’allontanano i corpi, tanto più s’avvicinano le menti. Ohime, che nel partirmi da voi solo, e soave incendio del mio cuore, sentij con mia grandissima doglia dividermi in due parti. Il corpo andò lontano, e l’anima rimase vicina, nè tanta strada i’ faceva con gli altrui piedi all’innanzi, che molto più non ne facessi, col mio pensier’all’indietro; ad ogni passo io mi volgeva, talche quella imaginata salute, che à guisa di ricuperata Euridice mi seguiva, mille, non che una volta, da spiriti maligni mi fu rapita; e quante volte prima, ch’io mi partissi, come havea (mosso dalle altrui, non sò, se dir debba persuasioni, o instigationi) determinato, bramai, che alcun’impedimento mi vietasse d’andare: bramai, che Noto piovoso tutte allagasse, e rompesse le strade, accioche gli stessi amici, che m’havevano indotto à partire m’havessero confortato à rimanere, col dirmi, ch’io aspettassi il tempo rasserenato, con mille cose, e mille da me invano desiderate, per impedir l’andata mia, l’hora di cui finalmente giunta m’astrinse, con tormento incredibile à montar à cavallo, & à cominciar il mal pensato viaggio. Oh come havrei havuto allhora per somma felicità, che ’l cavallo fosse stato zoppo, o restìo, per haver occasione di tornarmene indietro. Non ardiva di spronarlo, per non andar innanzi: ma quell’offitio, che non voleva far io col cavallo, Amore il facea meco, perche spronandomi acutissintamente, mi condusse più volte à girar la briglia, per tornarmene à voi; e se non che io dubitava, che i consapevoli dell’amor mio, di me si ridesseo i’ tornava senz’altro, e tornando, questi occhi afflitti haveriano havuto il lor contento mirandovi. Ah, che s’iò spinto da gli altrui stimoli, mi son partito da Verona, e son venuto à Padova, punto hora da quei stimoli, che mi sollecitano, perche i’ goda della bellezza, della gratia, della virtù, e della benignità vostra, mi risolvo partir da Padova, e venir à Verona, per rischiararmi à’ raggi di quel Sole, che mi fa vivere. Con me è la minor parte di me, e con voi è la maggiore, dunque bisogna, che la minore venga per debito à ritrovar la maggiore, & verrà sicurissimamente, se morte non m’impedisce. Vi bacio le mani pregandovi à disporvi, mentre, ch’io verrò tutto allegro à ritrovarvi, di perdonarmi il fallo commesso, nell’allontanarmi da voi, non dico per non amarvi che questo è impossibile; ma per non distruggermi e questo è vero; e siate contenta di credere, che ho tanto patito in questa lontananza, che secondo me, non mi può venire da qual si voglia rigore maggior supplitio.