Lettere (Andreini)/Lettera LXI
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Del viver trà molti contrarij.
questa carta (havend’io ritrovato buon mezo, e sicuro da farvela capitar nelle mani) e vedendola, sarà possibile, che non vi venga voglia di leggerla? e leggendola, sarete voi così inhumano, che negherete pietade, non men alle morte, che alle vive parole? Deh cuor mio, in qual barbaro paese si costuma di dar morte à chi ama? Io non hò mai udito ch’altri per ben amare, habbia ricevuto dall’amato la morte; ho ben udito l’un nemico all’altro, haver donata la vita, quando ’l perditore l’ha dimandata in dono. S’io desiderassi di viver per offendervi, havereste ragion d’uccidermi; ma desiderandola io per potervi servire, parmi, c’habbiate il torto à negarlami; hor fate quel, che vi pare, ch’io v’assicuro, che non tanto siete per goder voi dell’alterezza vostra, e del mio male, quant’io son per godere, vedendo esservi cara la mia miseria. Rimanete felice Signore, non dirò mio, perche voi troppo fiero, volete esser più tosto d’ogn’altra, che mio; ma Signore (di cui sono, e sarò mentre, ch’io viva humilissima serva; e s’Amore vi perdoni il fallo, che commettete, non volendo amarmi) contentatevi, poiche havrete lette queste righe di perdonarmi la noia, c’havrete havuta in leggendole.