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D’ISABELLA ANDREINI. | 60 |
Del viver trà molti contrarij.
UEL gran Poeta, honor della Grecia, e splendor del Mondo, non concedeva, ch’altri potesse lamentarsi, e piarger le sue sventure, più d’un giorno; ond’io giudico, che in quei tempi non fosse alcuno, che mi pareggiasse d’infelicità; che, se alcuno ci fosse stato, come prudente, e come giusto, non sol havrebbe conceduto, che si potesse pianger un giorno: ma un’anno, un Lustro, & un Secolo intero: Misera me qual doglia fu mai, ch’alla mia s’agguagliasse? quando fu negata pietade ad un giusto pregar, com’è ’l mio? qual pena provar si può maggiore, che ’l servir à persona (perdonatemi) discortese, e ’ngrata, come voi siete? Se voi portate nel cuore un freddissimo ghiaccio, almeno mi fosse dato in sorte, che non portaste ne gli occhi un’ardentissimo fuoco, alquale come cera mi struggo; ma s’io son per voi cera al fuoco, perche non siete voi per me, neve al Sole? vi prometto crudele, che mi fate star dubbiosa, se voi siete sordo, o pur, se udite; ma se voi siete sordo, come godete del mesto suono delle mie querele? e se non siete sordo, come non sentite i miei preghi? e se gli sentite, come non vi fanno pietoso? ma sia, che vuole intorno à questo. Sò pure, che non siete cieco, e sallo anche il mio cuore, ch’è stato più d’una volta ferito da gli strali, ch’escono de gli occhi vostri, onde non essendo cieco, sò, che vedrete almen que-
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