Lettere (Andreini)/Lettera LIII
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Isabella Andreini - Lettere (1607)
LIII. Simili.
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Simili.
I
L desiderio, ch’io hò di saper, come passano le cose trà V. Sig. e la Signora N. Sig. N. mio, mi muove à scrivervi. Havendo voi, come havete le Ville vicine, sò, che dovete visitarla ogni giorno, per ciò favoritemi vi prego, nel farmi sapere, se mutando luogo, havete con lei mutata fortuna. Sò, che quì alla Città era pari la nostra sorte, e che tanto era crudele à V. S. la Signora N. quanto à me la Signora N. talche un istesso male ci costrinse più volte à pianger insieme, le communi miserie. Se le sue cose vanno come prima, e come vanno à me misero, ella non dee sperar cosa alcuna, amando come fò io, che amando più che mai, spero meno che mai; non dirò di conseguir la gratia della mia bella, e cruda donna; ma ne anche d’allegierir in parte i miei dolori. Non voglia Amore, per sua pietà, che le sue speranze, come le mie sien morte; perche ogni volta, che questo fosse, io sentirei per la sua raddoppiata la mia doglia, sicome per lo contrario sentirei mitigar i miei tormenti ogni volta, ch’ella fosse contenta, godendo io non meno del suo bene, che del mio proprio; ma per quanto m’è à notitia, noi sin qui habbiam sopportati mille, e mille oltraggi, nè c’è speranza di mutatione. Queste ingrate si debbon tener offese dal troppo amarle. Per gratia V. S. mi scriva, accioch’io possa (havend’ella conseguito alcun bene)
allegrarmi; o se sarà nello stato di prima, possa consolarsi, per la certezza d’haver un compagno fedele nella sorte contraria, e pregandole ogni amorosa felicità, le bacio le mani.