Lettere (Andreini)/Lettera CXXVIII
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Scherzi amorosi & honestissimi.
morire, ma s’Amor è in vece dell’anima, non sò, perche ’l facciate. Son pur troppo afflitto da lui. Deh cara Signora mia non ricusate d’amarmi. L’amar è o bene, o male. Se bene, siete tenuta ad amarmi. Se male, amatemi in ogni modo, ch’à voi non sarà attribuita la colpa: ma ad Amore, oltre che neanche Amore sarà incolpato, perche vi faccia amare. Chi potrà riprender il Sole perche risplenda? certo niuno, poich’egli per ciò fù creato. Così chi potrà riprender Amore, perche di se stesso c’infiammi essend’egli uscito di quell’antica incomposta massa per così fatto officio? Il Sol’è luce del Mondo, Amor è fuoco delle anime, e come non si biasima l’uno, così non si dee riprender l’altro. Quella vostra fredda, & ostinata voglia, che vi contende l’amare, vi toglie ancora la virtù del vedere, la virtù della fede, e la virtù della pietade, facendovi sopra ogn’altra ingrata. Non siete voi senz’occhi non vedendo i miei martiri? non siete voi, senza fede non volendo creder alle mie lagrime? non siete voi senza pietà non volendo compassionar l’infelice mio stato? non siete voi ingrata non volendo ricompensar la mia fedel servitù? ma, perch’io non vorrei, che la lunghezza dello scrivere v’annoiasse, e per ciò i’ ne fossi maggiormente odiato, mi fermo, e prego il sonno, che nelle mie oscure, e lagrimose notti, mi vi rappresenti in sogno, come fece con mio grandissimo piacere una di queste passate, le cui tenebre furono à me più chiare di qual si voglia sereno giorno. Voi pur foste da me veduta quanto mi piacque, & è pur vero, che mi foste cortese, e pietosa, poiche non sdegnaste di rasciugar le mie calde lagrime con le vostre candide mani, e sospiraste meco le mie lunghe miserie.