Lettere (Andreini)/Lettera CVIII

CVIII. Della compassione.

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Della compassione.


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Erche il nudrir continuamente il mal nel cuore senza mai allontanarlo, altro non è, che un voler disperatamente morire, io ho determinato di non lasciar più al silentio il mio pericolo, poiche amando, e tacendo, mi sento miseramente venir meno. Se chiudendo il mio dolore, conosco che in vano sospiro, e ’nvano aggiungo al pianto lagrime, & al lamento querele: voglio tentar, s’io posso, palesando il mio fuoco, di trovarci alcun rimedio, e se fiamma rinchiusa arde con maggior possanza che non fa quella, che in aperto campo si trova, non ha dubbio, che s’io non impetrerò per refrigerio del mio ardore la vostra pietà, che almeno essalerà in parte questo grande, e smisurato fuoco. Io dunque vengo (dolcissimo Signor mio) con quell’lhumiltà, e con quell’affetto maggiore, che per me si può, à palesarvi quell’amore, ch’io v’ho portato, porto, e porterò, mentre ch’io viva. Contentatevi dunque di non haver à sdegno questa divotione dell’animo mio, con la quale mi v’inchino, e non m’accusate di troppo ardita, se rompendo l’aspre e severe catene del timore, vengo con questa carta à discuoprirvi l’interna mia passione, ch’io non ho potuto far di meno. Da voi aspetto giusta mercede, e spero, che voi sarete e stella propitia, e vento secondo, e porto felice à questa mia, nell’amoroso Mare agitata Navicella; e mi giova

[p. 103v modifica]di sperare, che se voi (com’io credo) siete mai stato amante haverete cognitione di quanto come amante patisco, e vi contenterete d’accompagnar questi miei amorosi tormenti con la vostra pietà. S’io ho preso ardire fidata in quella gentilezza, che nel vostro generoso sembiante si scorge di manifestarvi gli affanni miei, voglio creder fermamente, che debba giovarmi, perche l’huomo, che ’n voce o ’n scrittura, ascolta o legge gli altrui mali, si muove à compassione, e quella compassione molte volte è mezana d’amore: conciosiacosache l’anima mossa à pietà delle udite, o lette miserie à poco à poco muta la compassion del dolore in benivolenza, e la benivolenza si trasforma in amore. Voglia dunque colui, che di così bel fuoco m’accese, che non sia vano ciò, ch’io dico, e che voi leggendo i miei dolori, e le le mie fiamme, riceviate nel vostro bellissimo seno un minimo de’ miei tormenti, & una picciola favilla del mio fuoco.