Lettera al mio amico Luigi Bianchi, sconsigliandolo di recarci insieme a teatro
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Lettera al mio amico Luigi Bianchi,
sconsigliandolo di recarci insieme a teatro.
Mio caro Gino,
ascolta: Ho letto nel giornale,
e proprio nella cronaca che chiamano «teatrale»
che qui, al «Rossini» l’opera «Barbiere di Siviglia»,
non suscita gran chiasso, nè desta meraviglia.
M’ho detto fra me stesso: — Non vale allor la pena
che il pubblico vi spenda, per poi vedere in scena
cantanti che il «Barbiere» sì celebre e geniale,
ci sciupano soltanto perchè lo cantan male;
e allora noi saremo gabbati certamente
se mai d’andare all’opera ci passa per la mente.
Non so se a prima vista, così il mio ragionare
ti sembri poco logico; ma forse, col pensare
con calma, finirai, son certo, per trovarlo
giustissimo e col dire: Gran torto non ha Carlo.
Del resto vo’ lasciare soltanto a la tua Sposa
l’arbitrio della scelta, di certo giudiziosa,
del come noi potremo passare una serata
che ci risparmi, almeno, d’udire una fischiata.
Qualor le sia venuta l’idea felice in testa,
non hai che a me trasmetterla, e allora sol mi resta
che secondarla appieno, eppoi bramar che intanto
passi veloce il tempo per procurarci il vanto
d’avervi una serata in nostra compagnia;
(ti dico questo a nome pur della sposa mia).
Ricordati che attendo sollecita risposta
a mezzo del telefono oppure della posta.
E qui tralascio scrivere, non ho che dirti ancora;
ti prego salutare per noi la tua signora,
procura conservarmi il tuo gentile affetto
ed abbiti una stretta di mano da
Carletto.
- Venezia 1.º aprile 1902.