Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Paulo Romano e Maestro Mino e Chimenti Camicia

Paulo Romano e Maestro Mino e Chimenti Camicia

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Fra' Filippo Lippi Andrea dal Castagno di Mugello e Dominico Viniziano
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[p. 392 modifica]VITA DI PAOLO ROMANO, E DI MAESTRO MINO SCULTORI E DI CHIMENTI CAMICIA ARCHITETTO

Segue ora che noi parliamo di Paolo Romano e di Mino del Regno, coetanei e della medesima professione, ma molto differenti nelle qualità de’ costumi e dell’arte, perchè Pagolo fu modesto et assai valente, Mino di molto minor valore ma tanto prosuntuoso et arrogante, che oltra il far suo pien di superbia con le parole, ancora alzava fuor di modo le proprie fatiche. Nel farsi allogazione da Pio Secondo pontefice a Paulo scultor romano d’una figura, egli tanto per invidia lo stimolò et infestollo, che Paolo, il quale era buona et umilissima persona, fu sforzato a risentirsi. Laonde Mino, sbuffando, con Paulo voleva giucare mille ducati a fare una figura con esso lui, e questo con grandissima prosunzione et audacia diceva, conoscendo egli la natura di Paulo, che non voleva fastidi, non credendo egli che tal partito accettasse. Ma Paulo accettò l’invito; e Mino mezzo pentito, solo per onore suo cento ducati giuocò. Fatta la figura fu dato a Paulo il vanto, come raro et eccellente ch’egli era; e Mino fu scorto per quella persona nell’arte, che più con le parole che con l’opre valeva. Sono di mano di Mino a Monte Cassino, luogo de’ Monaci neri del regno di Napoli, una sepoltura, et in Napoli alcune cose di marmo. In Roma il San Piero e San Paolo, che sono a’ piè delle scale di San Pietro et in San Pietro la sepoltura di papa Paolo Secondo. E la figura che fece Paulo a concorrenza di Mino fu il San Paulo, ch’all’entrata del ponte Sant’Angelo, su un basamento di marmo si vede; il quale molto tempo stette inanzi alla cappella di Sisto Quarto, non conosciuto. Avvenne poi che Clemente Settimo pontefice un giorno diede d’occhio a questa figura, e per essere egli di tali essercizii intendente e giudicioso, gli piacque molto. Per il che egli deliberò di far fare un San Pietro della grandezza medesima, et insieme, alla entrata di Ponte Sant’Angelo, dove erano dedicate a questi apostoli due cappellette di marmo, levar quelle che impedivano la vista al castello e mettervi queste due statue. Si legge nell’opera d’Antonio Filareto che Paulo fu non pure scultore ma valente orefice e che lavorò in parte i dodici Apostoli d’argento che inanzi al sacco di Roma si tenevano sopra l’altar della capella papale, nei quali lavorò ancora Niccolò della Guardia e Pietropaulo da Todi, che furono discepoli di Paulo e poi ragionevoli maestri nella scultura: come si vede nelle sepolture di papa Pio II e del Terzo, nelle quali sono i detti duoi pontefici ritratti di naturale; e di mano dei medesimi si veggiono in medaglia tre imperadori et altri personaggi grandi, et il detto Paulo fece una statua d’un uomo armato a cavallo che oggi è per terra in San Piero, vicino alla cappella di Santo Andrea. Fu creato di Paulo Iancristoforo romano, che fu valente scultore, e sono alcune opere di sua mano in Santa Maria (in) Trastevere et altrove. Chimenti Camicia, del quale non si sa altro quanto all’origine sua, se non che fu fiorentino, stando al servigio del re d’Ungheria, gli fece palazzi, giardini, fontane, tempii, fortezze et altre molte muraglie d’importanza, con ornamenti, intagli, palchi lavorati et altre simili cose, che furono con molta diligenza [p. 393 modifica]condotti da Baccio Cellini. Dopo le quali opere, Chimenti, come amorevole della patria, se ne tornò a Firenze, et a Baccio che là si rimase, mandò, perchè le desse al re, alcune pitture di mano di Berto linaiuolo, le quali furono in Ungheria tenute bellissime e da quel re molto lodate. Il qual Berto (non tacerò anco questo di lui) dopo aver molti quadri con bella maniera lavorati, che sono nelle case di molti cittadini, si morì appunto in sul fiorire, troncando la buona speranza che si aveva di lui. Ma tornando a Chimenti, egli, stato non molto tempo in Firenze, se ne tornò in Ungheria dove, continuando nel servizio del re, prese, andando su per il Danubio a dar disegni di molina, per la stracchezza un’infermità, che in pochi giorni lo condusse all’altra vita. L’opere di questi maestri furono nel 1470 in circa. Visse ne’ medesimi tempi et abitò Roma al tempo di papa Sisto Quarto, Baccio Pintelli fiorentino, il qual per la buona pratica che ebbe nelle cose d’architettura, meritò che il detto Papa in ogni sua impresa di fabriche se ne servisse. Fu fatta dunque col disegno di costui la chiesa e convento di S. Maria del Popolo, et in quella alcune cappelle con molti ornamenti, e particolarmente quella di Domenico della Rovere cardinale di San Clemente e nipote di quel Papa. Il medesimo fece fare col disegno di Baccio un palazzo in Borgo vecchio, che fu allora tenuto molto bello e ben considerato edifizio. Fece il medesimo sotto le stanze di Nicola la libreria maggiore, et in palazzo la cappella detta di Sisto, la quale è ornata di belle pitture. Rifece similmente la fabrica del nuovo spedale di Santo Spirito in Sassi, la quale era l’anno 1471 arsa quasi tutta da’ fondamenti; aggiugnendovi una lunghissima loggia e tutte quelle utili commodità che si possono disiderare. E dentro nella lunghezza dello spedale fece dipignere storie della vita di papa Sisto dalla nascita insino alla fine di quella fabrica, anzi insino al fine della sua vita. Fece anco il ponte, che dal nome di quel pontefice è detto ponte Sisto, che fu tenuto opera eccellente per averlo fatto Baccio sì gagliardo di spalle e così ben carico di peso, che egli è fortissimo e benissimo fondato. Parimente l’anno del Giubileo del 1475 fece molte nuove chiesette per Roma, che si conoscono all’arme di papa Sisto, et in particolare Santo Apostolo, San Pietro in Vincula e San Sisto. Et al cardinal Guglielmo, vescovo d’Ostia, fece il modello della sua chiesa e della facciata e delle scale, in quel modo che oggi si veggiono. Affermano molti che il disegno della chiesa a San Piero a Montorio in Roma fu di mano di Baccio, ma io non posso dire con verità d’avere trovato che così sia. La qual chiesa fu fabricata a spese del re di Portogallo, quasi nel medesimo tempo che la nazione spagnuola fece far in Roma la chiesa di San Iacopo. Fu la virtù di Baccio tanto da quel Pontefice stimata, che non averebbe fatto cosa alcuna di muraglia senza il parere di lui; onde l’anno 1480, intendendo che minacciava rovina la chiesa e convento di S. Francesco d’Ascesi, vi mandò Baccio, il quale facendo di verso il piano un puntone gagliardissimo, assicurò del tutto quella maravigliosa fabrica. Et in uno sprone fece porre la statua di quel Pontefice, il quale non molti anni inanzi aveva fatto fare in quel convento medesimo molti apartamenti di camere e sale, che si riconoscono, oltre all’esser magnifiche, all’arme che vi si vede del detto Papa; e nel cortile n’è una molto maggior che l’altre, con alcuni versi latini in lode d’esso papa Sisto IIII, il qual dimostrò a’ molti segni aver quel santo luogo in molta venerazione.