Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 6

Capitolo 6

Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 5 Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568)/Capitolo 7 IncludiIntestazione 23 gennaio 2010 50% Biografie

Capitolo 5 Capitolo 7


Cap. VI. Del modo di fare i pavimenti di commesso.

Tutte le cose che trovar si poterono, gli antichi, ancora che con difficultà, in ogni genere o le ritrovarono o di ritrovarle cercarono: quelle, dico, ch’alla vista degli uomini vaghezza e varietà indurre potessero. Trovarono, dunque, fra l’altre cose belle i pavimenti di pietre ispartiti con varii misti di porfidi, serpentini, e graniti, con tondi e quadri, et altri spartimenti, onde s’imaginarono che fare si potessero fregi, fogliami et altri andari di disegni e figure. Onde, per poter meglio ricevere l’opera tal lavoro, tritavano i marmi, acciò che essendo quelli minori, potessero per lo campo e piano con essi rigirare in tondo e diritto et a torto, secondo che veniva lor meglio; e dal commettere insieme questi pezzi lo dimandarono musaico, e nei pavimenti di molte loro fabriche se ne servirono; come ancora veggiamo all’Antoniano di Roma et in altri luoghi, dove si vede il musaico lavorato con quadretti di marmo piccioli, conducendo fogliami, maschere et altre bizzarrie; e con quadri di marmo bianchi et altri quadretti di marmo nero fecero il campo di quegli. Questi, dunque, si lavoravano in tal modo: facevasi sotto un piano di stucco fresco di calce e di marmo, tanto grosso che bastasse per tenere in sé i pezzi commessi fermamente, sin che, fatto presa, si potessero spianar di sopra: per che facevano nel seccarsi una presa mirabile et uno smalto maraviglioso, che né l’uso del caminare né l’acqua non gl’offendeva. Onde, essendo questa opera in grandissima considerazione venuta, gli ingegni loro si misero a speculare più alto, essendo facile a una invenzione trovata, aggiugner sempre qualcosa di bontà. Per che fecero poi i musaici di marmi più fini, e per bagni e per stufe i pavimenti di quelli, e con più sottile magistero e diligenza quei lavoravano sottilissimamente, facendosi pesci variati et imitando la pittura con varie sorti di colori, atti a ciò, con più specie di marmi, mescolando anco fra quegli alcuni pezzi triti di quadretti di musaico di ossa di pesce, ch’hanno la pelle lustra. E così vivamente gli facevano, che l’acqua postavi di sopra velandogli, pur che chiara fosse, gli faceva parere vivissimi nei pavimenti; come se ne vede in Parione in Roma in casa di messer Egidio e Fabio Sasso. Per che parendo loro questa una pittura da poter reggere all’acque et ai venti et al sole per l’eternità sua, e pensando che tale opra molto meglio di lontano che d’appresso ritornerebbe, perché così non si scorgerebbono i pezzi che il musaico d’appresso fa vedere, ordinarono per ornar le volte e le pareti dei muri, dove tai cose si avevano a veder di lontano. E perché lustrassero e dagli umidi et acque si difendessero, pensarono tal cosa doversi fare di vetri, e così gli misero in opra; e facendo ciò bellissimo vedere, ne ornarono i tempii loro et altri luoghi, come veggiamo oggi ancora a Roma il tempio di Bacco et altri. Talché da quegli di marmo derivano questi, che si chiamano oggi musaico di vetri, e da quel di vetri s’è passato al musaico di gusci d’uovo, e da questi al musaico del far le figure e le storie di chiaroscuro, pur di commessi, che paiono dipinte; come tratteremo, al suo luogo, nella pittura.