Le tigri di Mompracem/Capitolo XXVI - La regina di Mompracem
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Capitolo XXVI
La regina di Mompracem
Pur troppo Mompracem, l’isola ritenuta così formidabile da sgomentare i più coraggiosi al solo vederla, era stata violata non solo, ma per poco non era caduta nelle mani dei nemici.
Gli inglesi, probabilmente informati della partenza di Sandokan, certi di trovare un presidio debole, si erano improvvisamente portati contro l’isola, bombardando le fortificazioni, colando a fondo parecchi legni e incendiando parte del villaggio. Avevano spinto la loro audacia fino a sbarcare delle truppe per tentare di impadronirsene, ma il valore di Giro-Batol e dei suoi tigrotti aveva finalmente trionfato e i nemici erano stati costretti a ritirarsi per tema di venire sorpresi alle spalle dai prahos di Sandokan, che ritenevano poco lontani. Era stata una vittoria, è vero, ma per poco l’isola non era andata nelle mani del nemico.
Quando Sandokan e i suoi uomini sbarcarono, i pirati di Mompracem ridotti a metà, si precipitarono incontro a lui con immensi evviva, reclamando vendetta contro gli invasori.
- Andiamo a Labuan, Tigre della Malesia - urlavano. - Rendiamo le palle che hanno scagliate contro di noi!
- Capitano - disse Giro-Batol facendosi innanzi. - Noi abbiamo fatto il possibile per abbordare la squadra che ci assalì, ma non vi riuscimmo. Conduceteci a Labuan e noi distruggeremo quell’isola fino all’ultimo albero, all’ultimo cespuglio. Sandokan, invece di rispondere, prese Marianna e la condusse dinanzi alle orde:
- È la patria di costei, - disse, - la patria di mia moglie!
I pirati vedendo la giovanetta che fino allora era rimasta dietro a Yanez, mandarono un grido di sorpresa e di ammirazione.
- La «Perla di Labuan»! Viva la «Perla»!... - esclamarono, cadendo in ginocchio dinanzi a lei.
- La sua patria mi è sacra, - disse Sandokan, - ma fra poco avrete campo di rimandare ai nostri nemici le palle che essi scagliarono su queste coste.
- Stiamo per venire assaliti? - chiesero tutti.
- Il nemico non è lontano, miei prodi; voi potete scorgere la sua avanguardia in quella cannoniera che gira arditamente presso le nostre coste. Gli inglesi hanno forti motivi per assalirmi: vogliono vendicare gli uomini che noi uccidemmo sotto le foreste di Labuan e strapparmi questa giovanetta. Tenetevi pronti, che il momento forse non è lontano.
- Tigre della Malesia - disse un capo avanzandosi. - Nessuno, finché uno di noi rimarrà vivo, verrà a rapire la «Perla di Labuan» ora che la ricopre la bandiera della pirateria. Ordinate: noi siamo pronti a dare tutto il nostro sangue per lei!
Sandokan, profondamente commosso guardò quei prodi che acclamavano le parole del capo e che, dopo aver perduto tanti compagni, ancora offrivano la loro vita per salvare colei che era stata la principale causa delle loro sventure.
- Grazie amici - disse con voce soffocata.
Si passò più volte una mano sulla fronte, mandò un profondo sospiro, porse il braccio alla lady che non era meno commossa e si allontanò col capo chino sul petto.
- È finita - mormorò Yanez con voce triste.
Sandokan e la sua compagna salirono la stretta gradinata che conduceva sulla rupe, seguiti dagli sguardi di tutti i pirati che li guardavano con un misto di ammirazione e di rammarico, e si fermarono dinanzi alla grande capanna.
- Ecco la tua dimora - diss’egli entrando. - Era la mia; è un brutto nido dove si svolsero talora cupi drammi... E indegno di ospitare la «Perla di Labuan», ma è sicuro, inaccessibile al nemico che non potrà forse mai qui giungere.
«Se tu fossi diventata la Regina di Mompracem, l’avrei abbellito, ne avrei fatto una reggia... Orsù, perché parlare di cose impossibili? Tutto è morto o sta per morire qui.»
Sandokan portò le mani al cuore e il suo viso si alterò dolorosamente. Marianna gli gettò le braccia al collo.
- Sandokan tu soffri, tu mi nascondi i tuoi dolori.
- No, anima mia, sono commosso, ma nulla di più. Che vuoi? Nel ritrovare la mia isola violata, le mie bande decimate e nel pensare che fra poco tutto dovrò perdere...
- Sandokan, tu rimpiangi adunque la tua passata potenza e soffri all’idea di dover perdere la tua isola. Odimi, mio eroe, vuoi tu che io rimanga in quest’isola fra i tuoi tigrotti, che impugni anch’io la scimitarra e che combatta al tuo fianco? Lo vuoi?
- Tu! tu! - esclamò egli. - No, non voglio che tu diventi una donna simile. Sarebbe una mostruosità l’obbligarti a rimanere qui, l’assordarti sempre col rimbombo delle artiglierie e colle urla dei combattenti ed esporti ad un continuo pericolo. Due felicità sarebbero troppo e non le voglio.
- Tu dunque mi ami più della tua isola, dei tuoi uomini, della tua fama?
- Sì, anima celeste. Questa sera radunerò le mie bande e dirò loro che noi, dopo combattuta l’ultima battaglia, abbasseremo per sempre la nostra bandiera e lasceremo Mompracem.
- E che cosa diranno i tuoi tigrotti a simile proposta? Essi mi odieranno sapendo ch’io sono la causa della rovina di Mompracem.
- Nessuno oserà alzare la voce verso di te. Io sono ancora la Tigre della Malesia, quella Tigre che li ha fatti sempre tremare con un solo gesto.
«E poi mi amano troppo per non obbedirmi. Orsù, lasciamo che si compia il nostro destino.»
Soffocò il sospiro, poi disse con un amaro rimpianto:
- L’amor tuo mi farà dimenticare il mio passato e forse anche Mompracem.
Depose sui biondi capelli della fanciulla un bacio, quindi chiamò i due malesi addetti all’abitazione e:
- Ecco la vostra padrona - disse loro indicando la giovane. - Obbeditele come a me stesso.
Ciò detto, dopo di aver scambiato con Marianna un lungo sguardo, uscì a rapidi passi e discese sulla spiaggia.
La cannoniera fumava sempre in vista dell’isola, dirigendosi ora verso il nord ed ora verso il sud. Pareva che cercasse di scoprire qualche cosa, probabilmente qualche altra cannoniera o incrociatore proveniente da Labuan. Intanto i pirati, prevedendo ormai un non lontano attacco, lavoravano febbrilmente sotto la direzione di Yanez, rinforzando i bastioni, scavando fossati e rialzando scarpe e stecconate.
Sandokan si avvicinò al portoghese che stava disarmando i prahos delle loro artiglierie per guarnire un potente ridotto, costruito proprio al centro del villaggio.
- Nessun’altra nave è comparsa? - gli chiese.
- No, - rispose Yanez, - ma la cannoniera non lascia le nostre acque e questo è un brutto segno. Se il vento fosse tanto forte da superare la macchina, l’assalirei con molto piacere.
- Bisogna prendere delle misure per mettere al riparo le nostre ricchezze e in caso di sconfitta preparaci la ritirata.
- Temi di non poter far fronte agli assalitori?
- Ho dei presentimenti sinistri, Yanez; sento che quest’isola io sto per perderla.
- Bah! Oggi o fra un mese è tutt’uno, dacché hai deciso di abbandonarla. I nostri pirati lo sanno?
- No, ma questa sera condurrai le bande nella mia capanna e là apprenderanno le mie decisioni.
- Sarà un brutto colpo per loro, fratello.
- Lo so, ma se vorranno continuare per proprio conto la pirateria, io non lo impedirò.
- Non pensarlo! Sandokan. Nessuno abbandonerà la Tigre della Malesia e tutti ti seguiranno ove vorrai.
- Lo so, mi amano troppo questi prodi. Lavoriamo, Yanez, rendiamo la nostra rocca se non imprendibile, almeno formidabile.
Raggiunsero i loro uomini che lavoravano con accanimento senza pari, rizzando nuovi terrapieni e nuove trincee, piantando enormi palizzate che guarnivano di spingarde, accumulando immense piramidi di palle e di granate, riparando le artiglierie con barricate di tronchi d’albero, di macigni e di lastre di ferro strappate ai navigli saccheggiati nelle loro numerose scorrerie. Alla sera la rocca presentava un aspetto imponente e poteva dirsi inespugnabile.
Quei centocinquanta uomini, poiché a così pochi erano ridotti dall’attacco della squadra e dalla perdita di due equipaggi, che avevano seguito Sandokan a Labuan, e dei quali non si aveva avuto nessuna nuova, avevano lavorato come cinquecento.
Calata la notte Sandokan fece imbarcare le sue ricchezze su di un grande praho e lo mandò assieme ad altri due, sulle coste occidentali onde prendere il largo se la fuga fosse diventata necessaria.
Alla mezzanotte Yanez, coi capi e tutte le bande, saliva alla gran capanna dove lo aspettava Sandokan.
Una sala, ampia tanto da contenere duecento e più persone, era stata arredata con lusso insolito. Grandi lampade dorate versavano torrenti di luce facendo scintillare l’oro e l’argento degli arazzi e dei tappeti e la madreperla che adornava i ricchi mobili di stile indiano.
Sandokan aveva indossato il costume di gala, di raso rosso e il turbante verde adorno di un pennacchio tempestato di brillanti. Portava alla cintura i due kriss, insegna di gran capo e una splendida scimitarra colla guaina d’argento e l’impugnatura d’oro.
Marianna invece indossava un vestito di velluto nero trapunto in argento, frutto di chissà mai quale saccheggio e che lasciava allo scoperto le braccia e le spalle sulle quali cadevano come pioggia d’oro i suoi stupendi capelli biondi. Ricchi braccialetti adorni di perle d’inestimabile valore e un diadema di brillanti, che mandava sprazzi di luce, la rendevano più bella, più affascinante. I pirati nel vederla non avevano potuto trattenere un grido di ammirazione dinanzi a quella superba creatura, che essi riguardavano come una divinità.
- Amici, miei fedeli tigrotti - disse Sandokan chiamando intorno a sé la formidabile banda. - Qui vi ho chiamati per decidere la sorte della mia Mompracem.
«Voi mi avete veduto lottare per tanti anni senza posa e senza pietà contro quella razza esecrata che assassinò la mia famiglia, che mi rapì una patria, che dai gradini di un trono mi precipitò a tradimento nella polvere e che mira ora alla distruzione della razza malese, voi mi avete veduto lottare come una tigre, respingere sempre gli invasori che minacciavano la nostra selvaggia isola, ma ora basta. Il destino vuole che mi arresti, e così sia.
«Ormai sento che la mia missione vendicatrice è finita; sento di non saper più ruggire né combattere come un tempo, sento d’aver bisogno di riposo.
«Combatterò ancora un’ultima battaglia col nemico che verrà forse domani ad assalirci, poi darò un addio a Mompracem e andrò lontano a vivere con questa donna che amo e che diverrà mia moglie. Vorrete voi continuare le imprese della Tigre? Vi lascio i miei legni e i miei cannoni e se preferite seguirmi nella mia nuova patria, vi considererò ancora come miei figli.»
I pirati, che parevano atterriti da quella rivelazione inaspettata, non risposero, ma si videro quei volti, anneriti dalla polvere dei cannoni e dai venti del mare, bagnarsi di lagrime.
- Piangete! - esclamo Sandokan con voce alterata dalla commozione. - Ah! Sì, vi comprendo miei prodi, ma credete che anch’io non soffra all’idea di non rivedere forse più mai la mia isola, il mio mare, di perdere la mia potenza, di rientrare nell’oscurità dopo aver tanto brillato, di aver conquistata tanta fama, sia pure terribile, sinistra? È la fatalità che così vuole e curvò il capo e poi ora non appartengo che alla «Perla di Labuan».
- Capitano, mio capitano! - esclamò Giro-Batol che piangeva come un fanciullo. - Rimanete ancora fra noi, non abbandonate la nostra isola. Noi la difenderemo contro tutti, noi leveremo uomini, noi se vorrete, distruggeremo Labuan, Varauni e Sarawack onde più nessuno osi minacciare la felicità della «Perla di Labuan».
- Milady! - esclamò Juioko. - Rimanete anche voi, noi vi difenderemo contro tutti, noi faremo coi nostri corpi scudo contro i colpi del nemico e se vorrete conquisteremo un regno per darvi un trono.
Fra tutti i pirati vi fu un’esplosione di vero delirio. I più giovani supplicavano, i più vecchi piangevano.
- Rimanete milady! Rimanete a Mompracem! - gridavano tutti affollandosi dinanzi alla giovanetta. Questa ad un tratto si avanzò verso le bande, reclamando con un gesto il silenzio.
- Sandokan - disse con un accento che non tremava. - Se ti dicessi rinuncia alle tue vendette e alla pirateria e se io spezzassi per sempre il debole vincolo che mi lega ai miei compatrioti e adottassi per patria quest’isola, accetteresti tu?
- Tu, Marianna, rimanere sulla mia isola?
- Lo vuoi?
- Sì e io ti giuro che non prenderò le armi che in difesa della mia terra.
- Mompracem sia adunque la mia patria e qui rimango!
Cento armi si innalzarono e si incrociarono sul petto della giovanetta che era caduta fra le braccia di Sandokan, mentre i pirati ad una voce gridarono:
- Viva la Regina di Mompracem! Guai a chi la tocca!...