Le tigri di Mompracem/Capitolo XVIII - Due pirati in una stufa

Capitolo XVIII - Due pirati in una stufa

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Capitolo XVIII - Due pirati in una stufa
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Capitolo XVIII
Due pirati in una stufa


Ogni altro uomo che non fosse stato un malese, si sarebbe senza dubbio rotte le gambe in quel salto, ma non così accadde a Sandokan che, oltre ad essere solido come l’acciaio, possedeva una agilità da quadrumane. Aveva appena toccato terra, sprofondando in mezzo ad una aiuola, che era di già in piedi col kriss in pugno, pronto a difendersi. Il portoghese fortunatamente era lì. Gli saltò addosso e afferratolo per le spalle lo spinse bruscamente verso un gruppo d’alberi dicendogli:

- Ma fuggi, disgraziato! Vuoi farti fucilare?

- Lasciami Yanez - disse il pirata che era in preda ad una viva esaltazione. - Assaltiamo la villa!

Tre o quattro soldati apparvero ad una finestra prendendoli di mira coi fucili.

- Salvati, Sandokan! - si udì a gridare Marianna.

Il pirata fece un salto di dieci passi salutato da una scarica di fucili e una palla gli attraversò il turbante. Si voltò ruggendo come una fiera e scaricò la sua carabina contro una finestra frantumando i vetri e colpendo in fronte un soldato.

- Vieni! - gridò Yanez, trascinandolo verso la palizzata. - Vieni, testardo imprudente.

La porta della palazzina erasi aperta e dieci soldati seguiti da altrettanti indigeni armati di torce si slanciarono all’aperto.

Il portoghese fece fuoco attraverso il fogliame. Il sergente che comandava la piccola squadra cadde.

- Giuoca di gambe, fratellino mio - disse Yanez, mentre i soldati si erano fermati attorno al loro capo.

- Non so decidermi a lasciarla sola - disse Sandokan a cui la passione sconvolgeva il cervello.

- Ti ha detto di fuggire. Vieni o io ti porto.

Due soldati comparvero a soli trenta passi e dietro a loro un drappello numeroso. I due pirati non esitarono più. Si cacciarono in mezzo ai cespugli e alle aiuole e si misero a correre verso la cinta salutati da alcuni colpi di fucile sparati a casaccio.

- Fila dritto, fratellino mio - disse il portoghese che caricava la carabina, sempre però correndo. - Domani restituiremo a quei messeri le fucilate che ci hanno sparato dietro.

- Temo di aver rovinato tutto, Yanez - disse il pirata con voce triste.

- Perché amico mio?

- Ora che sanno che io sono qui non si lasceranno più sorprendere.

- Non dico di no, ma se i prahos sono giunti avremo cento tigri da lanciare all’assalto. Chi resisterà a simile carica?

- Ho paura del lord.

- Cosa vuoi che faccia?

- È un uomo capace di ammazzare sua nipote, piuttosto di lasciarla cadere nelle mie mani.

- Diavolo! - esclamò Yanez grattandosi furiosamente la fronte. - Non avevo pensato a questo.

Stava per fermarsi onde riprendere lena e trovare una soluzione a quel problema, quando in mezzo alla profonda oscurità vide correre dei riflessi rossastri.

- Gli inglesi! - esclamò. - Hanno trovate le nostre tracce e ci inseguono attraverso il parco. Via di trotto, Sandokan!

Tutti e due partirono correndo, inoltrandosi sempre più nel parco, onde giungere alla cinta.

Di passo in passo però che si allontanavano, la marcia diventava sempre più difficile. Dappertutto alberi grandissimi, lisci gli uni e dritti, nodosi e contorti gli altri, s’ergevano senza lasciare quasi passaggi.

Essendo però uomini che sapevano orizzontarsi anche per istinto, erano certi di giungere in breve alla cinta.

Infatti, attraversata la parte boscosa del parco, si ritrovarono sui terreni coltivati.

Passarono senza arrestarsi dinanzi al chiosco cinese; essendo tornati indietro per non smarrirsi fra quelle gigantesche piante, si cacciarono nuovamente in mezzo alle aiuole e correndo attraverso i fiori giunsero finalmente presso la cinta senza esser stati scoperti dai soldati che perlustravano già tutto il parco.

- Adagio, Sandokan - disse Yanez, trattenendo il compagno, il quale stava per slanciarsi verso la palizzata. - Gli spari possono aver attirati i soldati che abbiamo veduti partire dopo il tramonto.

- Sarebbero già entrati nel parco?

- Eh!... Taci!... Accovacciati qui vicino ed ascolta.

Sandokan tese gli orecchie ma non udì altro che lo stormire delle foglie.

- Hai veduto qualcuno? - chiese.

- Ho udito un ramo a spezzarsi dietro la palizzata.

- Può essere stato qualche animale.

- E possono essere stati i soldati. Vuoi che ti dica di più? Mi è sembrato di aver udito delle persone chiacchierare. Scommetterei il diamante del mio kriss contro una piastra che dietro a questa palizzata vi sono delle giacche rosse imboscate. Non ti ricordi del drappello che ha lasciato il parco?

- Sì, Yanez. Noi però non ci fermeremo nel parco.

- Cosa vuoi fare?

- Assicurarmi se la via è libera.

Sandokan, diventato ora assai più prudente, si alzò senza far rumore e dopo d’aver lanciato un rapido sguardo sotto gli alberi del parco, si arrampicò colla leggerezza d’un gatto, sulla palizzata.

Aveva appena raggiunta la cima, quando udì dall’altra parte delle voci sommesse.

- Yanez non si era ingannato - mormorò.

Si curvò innanzi e guardò sotto gli alberi che crescevano dall’altra parte della cinta. Quantunque l’oscurità fosse profonda, scorse vagamente delle ombre umane radunate presso il tronco d’una colossale casuarina. Si affrettò a scendere e raggiunse Yanez il quale non si era mosso.

- Tu avevi ragione - gli disse. - Al di là della cinta vi sono degli uomini in agguato.

- Sono molti?

- Mi parevano una mezza dozzina.

- Per Giove!...

- Cosa fare, Yanez?

- Allontanarci subito e cercare altrove una via di scampo.

- Temo che sia troppo tardi. Povera Marianna!... Forse ci crederà già persi e forse uccisi.

- Non pensiamo alla fanciulla per ora. Siamo noi che corriamo un grave pericolo.

- Andiamocene.

- Taci Sandokan. Al di là della cinta odo parlare.

Infatti si udivano delle voci, una rauca e l’altra imperiosa che parlavano presso la palizzata. Il vento che soffiava dalla foresta le portava distintamente agli orecchie dei due pirati.

- Ti dico, - diceva la voce imperiosa, - che i pirati sono entrati nel parco per tentare un colpo di mano sulla villa.

- Non credo, sergente Bell - rispose l’altra.

- Vuoi, stupido, che i nostri camerati sparino delle cartucce per divertimento? Tu hai un cervello vuoto, Willi.

- Allora non potranno sfuggirci.

- Lo spero. Siamo in trentasei e possiamo vegliare tutta la cinta e radunarci al primo segnale.

- Su, lesti, distendetevi e aprite bene gli occhi. Forse abbiamo da fare colla Tigre della Malesia.

Dopo quelle parole si udirono dei rami a spezzarsi e delle foglie a scrosciare, poi più nulla.

- Quei bricconi sono cresciuti ben di numero - mormorò Yanez curvandosi verso Sandokan. - Noi stiamo per venire circondati, fratellino mio, e se non agiamo con somma prudenza cadremo nella rete che ci hanno tesa.

- Taci!... - disse la Tigre della Malesia. - Odo a parlare.

La voce imperiosa aveva ripreso allora: - Tu, Bob, rimarrai qui mentre io vado ad imboscarmi dietro a quell’albero della canfora. Tieni il fucile armato e gli occhi fissi sulla cinta.

- Non temete, sergente - rispose colui che era stato chiamato Bob.

- Credete che abbiamo proprio da fare colla Tigre della Malesia?

- Quell’audace pirata si è pazzamente innamorato della nipote di lord Guillonk, un bocconcino destinato al baronetto Rosenthal, e puoi immaginarti se quell’uomo rimarrà tranquillo. Io sono sicurissimo che questa notte ha tentato di rapirla, malgrado la sorveglianza dei nostri soldati.

- E come ha fatto a sbarcare senza che sia stato veduto dai nostri incrociatori?

- Avrà approfittato dell’uragano. Si dice anzi che dei prahos sieno stati veduti a veleggiare al largo della nostra isola.

- Quale audacia!...

- Oh!... Ne vedremo ben altre! La Tigre della Malesia ci darà da fare, te lo dico io, Bob. È l’uomo più audace che io abbia conosciuto.

- Ma questa volta non ci sfuggirà. Se si trova nel parco non uscirà così facilmente.

- Basta: al tuo posto, Bob. Tre carabine ogni cento metri possono essere sufficienti ad arrestare la Tigre della Malesia ed i suoi compagni. Non scordarti che ci sono mille sterline da guadagnare se noi riusciamo a uccidere il pirata.

- Una bella cifra in fede mia - disse Yanez, sorridendo. - Lord James ti valuta molto, fratellino mio.

- Aspettino di guadagnarle - rispose Sandokan. Si alzò e guardò verso il parco.

In lontananza vide dei punti luminosi apparire e scomparire fra le aiuole. I soldati della villa avevano perdute le tracce dei fuggiaschi e cercavano a casaccio, aspettando probabilmente l’alba per intraprendere una vera battuta.

- Per ora non abbiamo nulla da temere da parte di quegli uomini - disse.

- Vuoi che cerchiamo di fuggire da qualche altra parte? - disse Yanez. - Il parco è vasto e forse tutta la cinta non è sorvegliata.

- No, amico. Se ci scorgono avremo alle spalle una quarantina di soldati e non potremo così facilmente sfuggire ai loro colpi. Ci conviene per ora nasconderci nel parco.

- E dove?

- Vieni con me, Yanez, e ne vedrai di belle. Tu mi hai detto di non commettere pazzie ed io voglio mostrarti se sarò prudente.

«Se mi uccidessero, la mia fanciulla non sopravviverebbe alla mia morte, dunque non tentiamo un passo disperato.»

- E non ci scopriranno i soldati?

- Non lo credo. D’altronde noi non ci fermeremo molto qui. Domani sera, accada quello che si vuole, noi prenderemo il volo. Vieni Yanez. Ti condurrò in un luogo sicuro.

I due pirati si alzarono mettendosi le carabine sotto il braccio e si allontanarono dalla cinta tenendosi nascosti in mezzo alle aiuole.

Sandokan fece attraversare al compagno una parte del parco e lo condusse in un piccolo fabbricato ad un solo piano, che serviva da serra pei fiori, e che sorgeva a circa cinquecento passi dalla palazzina di lord Guillonk. Aprì senza far rumore la porta e s’avanzò a tentoni.

- Dove andiamo? - chiese Yanez.

- Accendi un pezzo d’esca - rispose Sandokan.

- Non scorgeranno la luce dal di fuori?

- Non vi è pericolo. Questo fabbricato è circondato da piante foltissime.

Yanez obbedì.

Quella stanza era piena di grandi vasi contenenti delle piante esalanti acuti profumi, essendo ormai quasi tutte in fiore ed ingombra di sedie e di tavolini di bambù d’estrema leggerezza.

All’estremità opposta il portoghese vide una stufa di dimensioni gigantesche, capace di contenere una mezza dozzina di persone.

- È qui che ci nasconderemo? - chiese a Sandokan. - Hum! Il luogo non mi sembra poi tanto sicuro. I soldati non mancheranno di venire ad esplorarlo specialmente con quel migliaio di sterline che lord James ha promesso per la tua cattura.

- Non ti dico che non vengano.

- E allora ci prenderanno.

- Adagio, amico Yanez.

- Vuoi dire?

- Che non verrà a loro l’idea di andarci a cercare entro una stufa.

Yanez non seppe frenare uno scoppio di risa.

- In quella stufa!... - esclamò.

- Sì, ci nasconderemo là dentro.

- Diventeremo più neri degli africani, fratellino mio. La fuliggine non deve scarseggiare in quel monumentale calorifero.

- Ci laveremo più tardi. Yanez.

- Ma... Sandokan!...

- Se non vuoi venire spicciatela tu cogli inglesi. Non v’è da scegliere Yanez, o nella stufa o farsi prendere.

- Non si può esitare sulla scelta - rispose Yanez ridendo. - Andiamo intanto a visitare il nostro domicilio per vedere se è almeno comodo.

Aprì lo sportello di ferro, accese un altro pezzo d’esca e si cacciò risolutamente nell’immensa stufa starnutendo sonoramente. Sandokan l’aveva seguito senza esitare. Posto ve n’era a sufficienza, ma vi era anche grande abbondanza di cenere e di fuliggine. Il forno era così alto che i due pirati potevano mantenersi comodamente diritti.

Il portoghese a cui l’umore allegro non faceva mai difetto, s’abbandonò ad una ilarità clamorosa non ostante la pericolosa situazione.

- Chi mai potrà immaginarsi che la terribile Tigre della Malesia è venuta a rifugiarsi qui? - disse. - Per Giove! Sono certo che noi la passeremo liscia.

- Non parlare così forte, amico - disse Sandokan. - Potrebbero udirci.

- Bah! Devono essere ancora lontani.

- Non quanto credi. Prima di entrare nella serra ho veduto due uomini visitare le aiuole a poche centinaia di passi da noi.

- Che vengano a visitare anche questo luogo?

- Ne sono certo.

- Diavolo!... Se volessero vedere anche la stufa?

- Non ci faremo prendere tanto facilmente, Yanez. Abbiamo le nostre armi, quindi possiamo sostenere un assedio.

- E nemmeno un biscotto, Sandokan. Spero che non ti accontenterai di mangiare della fuliggine. E poi le pareti della nostra fortezza non mi sembrano molto solide. Con un buon colpo di spalla si possono diroccare.

- Prima che atterrino le pareti ci slanceremo noi all’attacco - disse Sandokan, che aveva, come sempre, una immensa fiducia nella propria audacia e nel proprio valore.

- Bisognerebbe però procurarci dei viveri.

- Ne troveremo, Yanez. Ho veduto dei banani e dei pombo crescere intorno a questa serra e noi andremo a saccheggiarli.

- Quando?

- Taci!... Odo delle voci!

- Mi fai venire i brividi.

- Tieni pronta la carabina e non temere. Ascolta!

Al di fuori si udivano delle persone a parlare e ad avvicinarsi. Le foglie scrosciavano ed i sassolini del viale che conduceva alla serra stridevano sotto i piedi dei soldati.

Sandokan fece spegnere l’esca, disse a Yanez di non muoversi, poi aprì con precauzione lo sportello di ferro e guardò fuori.

La serra era ancora tutta oscura, però attraverso i vetri vide alcune torce a brillare in mezzo ai macchioni di banani che crescevano lungo il viale. Guardando con maggior attenzione scorse cinque o sei soldati preceduti da due negri.

- Che si preparino a visitare la serra? - si chiese con una certa ansietà. Rinchiuse con precauzione lo sportello e raggiunse Yanez nel momento che uno sprazzo di luce illuminava l’interno del piccolo edificio.

- Vengono - disse al compagno, il quale non osava quasi più respirare. - Teniamoci pronti a tutto, anche a slanciarci contro quegli importuni. È montata la tua carabina?

- Ho già il dito sul grilletto.

- Benissimo: sguaina anche il kriss.

Il drappello entrava allora nella serra illuminandola completamente. Sandokan che si teneva presso lo sportello vide i soldati smuovere i vasi e le sedie visitando tutti gli angoli dello stanzone. Malgrado il suo immenso coraggio non seppe reprimere un fremito.

Se gli inglesi rovistavano in quel modo, era probabile che non sfuggisse ai loro occhi l’ampiezza della stufa. Era quindi da aspettarsi, da un momento all’altro, la loro poco gradita visita.

Sandokan si affrettò a raggiungere Yanez il quale si era accovacciato in fondo, semituffato nelle ceneri e nella fuliggine.

- Non muoverti - gli sussurrò Sandokan. - Forse non ci scopriranno.

- Taci! - disse Yanez. - Ascolta! Una voce diceva:

- Che quel dannato pirata abbia proprio preso il volo?

- O che si sia inabissato sottoterra? - disse un altro soldato.

- Oh! Quell’uomo è capace di tutto, amici miei - disse un terzo. - Se vi dico che quel sacripante non è un uomo come noi, ma un figlio di compare Belzebù.

- Io non sono di parere contrario, Varrez - riprese la prima voce con un certo tremito, che indicava come il suo proprietario avesse indosso una buona dose di paura. - Non l’ho veduto che una sola volta quell’uomo tremendo e mi è bastato. Non era un uomo, ma una vera tigre e vi dico che ha avuto il coraggio di scagliarsi contro cinquanta uomini senza che una palla potesse coglierlo.

- Tu mi fai paura, Bob - disse un altro soldato.

- E a chi non farebbe paura? - riprese colui che si chiamava Bob. - Io credo che nemmeno lord Guillonk si sentirebbe l’animo di affrontare quel figlio dell’inferno.

- Comunque sia noi cercheremo di prenderlo; è impossibile che ormai ci sfugga. Il parco è tutto circondato e se vorrà scalare la cinta vi lascerà le ossa. «Scommetterei due mesi della mia paga contro due penny che noi lo cattureremo.»

- Gli spiriti non si prendono.

- Tu sei pazzo, Bob, a crederlo un essere infernale. Forse che i marinai dell’incrociatore, che sconfissero i due prahos alla foce del fiumicello, non gli hanno cacciato una palla nel petto? Lord Guillonk che ebbe la sventura di curare la ferita, asserì che la Tigre è un uomo come noi e che dal suo corpo usciva sangue eguale al nostro.

«Ora ammetti tu che gli spiriti abbiano del sangue?»

- No.

- Allora quel pirata non è altro che un briccone molto audace, molto valoroso, ma sempre un furfante degno del capestro.

- Canaglia - mormorò Sandokan. - Se non mi trovassi qui dentro ti farei vedere chi sono io!

- Orsù - riprese la voce di prima. - Cerchiamolo o perderemo le mille sterline che lord James Guillonk ci ha promesso.

- Qui non vi è. Andiamo a cercarlo altrove.

- Adagio, Bob. Vedo là una stufa monumentale capace di servire di rifugio a parecchie persone. Mano alle carabine e andiamo a vedere.

- Vuoi burlarti di noi, camerata? - disse un soldato. - Chi vuoi che si vada a nascondere là dentro? Non vi starebbero là dentro nemmeno i pigmei del re d’Abissinia.

- Andiamo a visitarla, vi dico.

Sandokan e Yanez si ritrassero più che poterono alla estremità opposta della stufa e si sdraiarono fra la cenere e la fuliggine per meglio sfuggire agli sguardi di quei curiosi.

Un istante dopo lo sportello di ferro veniva aperto e una striscia di luce si proiettava nell’interno, insufficiente però per illuminare l’intera stufa. Un soldato introdusse il capo ma subito lo ritrasse starnutendo sonoramente. Una manata di fuliggine, lanciatagli sul viso da Sandokan lo aveva reso più nero d’uno spazzacamino e l’aveva mezzo accecato.

- Al diavolo chi ha avuto l’idea di farmi mettere il naso entro questo magazzino di nerofumo!... - esclamò l’inglese.

- Era ridicola - disse un altro soldato. - Noi perdiamo qui del tempo prezioso senza nessun risultato. La Tigre della Malesia deve trovarsi nel parco e forse a quest’ora cerca di superare la cinta.

- Affrettiamoci a uscire - dissero tutti. - Non sarà qui che noi guadagneremo le mille sterline promesse dal lord.

I soldati batterono precipitosamente in ritirata chiudendo con fracasso la porta della serra. Per alcuni istanti si udirono i loro passi e le loro voci, poi più nulla.

Il portoghese quando non udì più nulla respirò a lungo.

- Corpo di centomila spingarde!... - esclamò. - Mi pare di essere vissuto cento anni in soli pochi minuti. Io ormai non davo una piastra della nostra pelle. Per poco che quel soldato si fosse allungato ci scopriva tutti e due. Si potrebbe accendere un cero alla Madonna del Pilar.

- Non nego che il momento sia stato terribile - rispose Sandokan. - Quando ho veduto a soli pochi palmi da me quella testa, ho veduto rosso dinanzi ai miei occhi e non so chi mi abbia trattenuto dal far fuoco.

- Che brutto affare sarebbe stato!...

- Ora però non avremo più nulla da temere. Continueranno le loro ricerche nel parco, poi finiranno col persuadersi che noi qua non ci siamo più.

- E quando ce ne andremo?... Non avrai certamente l’idea di rimanere qui qualche settimana. Pensa che i prahos possono ormai essere già giunti alla foce del fìumicello.

- Non ho alcuna intenzione di fermarmi qui, tanto più che i viveri non abbonderanno. Aspettiamo che la sorveglianza degli inglesi si rallenti un po’ e vedrai che prenderemo il volo. Anch’io ho vivissimo desiderio di sapere se i nostri uomini sono giunti, poiché senza il loro concorso non sarà possibile rapire la mia Marianna.

- Sandokan mio, andiamo a vedere se vi è qualche cosa da porre sotto i denti o da bagnare la gola.

- Usciamo Yanez.

Il portoghese, che si sentiva soffocare entro quella stufa fuligginosa, spinse innanzi la carabina, poi strisciò fino allo sportello saltando lestamente su di un vaso che era vicino onde non lasciare sul suolo tracce della fuliggine. Sandokan imitò quella prudente manovra e balzando di vaso in vaso giunsero alla porta della serra.

- Si vede nessuno? - chiese.

- Tutto è oscuro all’esterno.

- Allora andiamo a saccheggiare i banani.

Si spinsero fino ai macchioni che crescevano lungo il viale e trovati alcuni banani e dei pombo, fecero un’ampia provvista onde calmare gli stiracchiamenti dello stomaco e gli ardori della sete. Stavano per ritornare nella serra, quando Sandokan si arrestò dicendo:

- Aspettami qui, Yanez. Voglio andare a vedere dove sono i soldati.

- È un’imprudenza quella che vuoi commettere - rispose il portoghese. - Lascia che cerchino dove vogliono. Cosa importa ormai a noi?

- Ho un progetto in testa.

- Al diavolo il tuo piano. Per questa notte nulla si può fare.

- Chi lo sa? - rispose Sandokan. - Forse noi possiamo andarcene senza aspettare il domani. D’altronde la mia assenza sarà breve.

Porse a Yanez la carabina, afferrò il kriss e si allontanò silenziosamente tenendosi sotto la fosca ombra dei macchioni.

Giunto presso l’ultimo gruppo di banani, scorse a grande distanza alcune torce che si dirigevano verso la cinta.

- Pare che si allontanino - mormorò. - Vediamo cosa succede nella palazzina di lord James. Ah!... Se potessi vedere, sia pure per un istante la mia fanciulla... Me ne andrei di qui più tranquillo.

Soffocò un sospiro e si diresse verso il viale procurando di tenersi al riparo dei tronchi degli alberi e dei cespugli. Giunto in vista della palazzina, si fermò sotto una macchia di manghi e guardò. Il suo cuore sussultò vedendo la finestra di Marianna illuminata.

- Ah! Se potessi rapirla! - mormorò, fissando ardentemente il lume che brillava attraverso l’inferriata.

Fece ancora tre o quattro passi tenendosi curvo al suolo, onde non farsi scoprire da qualche soldato che poteva trovarsi imboscato in quei dintorni, poi si arrestò nuovamente.

Aveva scorto un’ombra passare dinanzi al lume e le era sembrata quella della fanciulla amata.

Stava per slanciarsi innanzi, quando abbassando gli sguardi vide una forma umana ferma dinanzi alla porta della palazzina. Era una sentinella che stava appoggiata alla sua carabina.

- Che mi abbia scorto? - si chiese.

La sua esitazione durò un solo istante. Aveva ancora veduto l’ombra della fanciulla ripassare dietro l’inferriata.

Senza badare al pericolo si slanciò innanzi. Aveva fatti appena dieci passi quando vide la sentinella imbracciare rapidamente la carabina.

- Chi vive? - gridò.

Sandokan si era arrestato.