Le rime di M. Francesco Petrarca/Sonetto CLXXXV

Sonetto CLXXXIV Sonetto CLXXXVI

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SONETTO CLXXXV.


Q
Ual mio destin, qual forza, o qual'inganno,

     Mi riconduce disarmato al campo
     Là ’ve sempre son vinto; e s’io ne scampo,
     4Meraviglia n’avrò, s’i’ moro, il danno?
Danno non già, ma prò; sì dolci stanno
     Nel mio cor le faville, e ’l chiaro lampo
     Che l’abbaglia, e lo strugge, e’n ch’io m’avvampo;
     8E son già ardendo nel vigesim'anno.
Sento i messi di morte ove apparire
     Veggio i begli occhi, e folgorar da lunge:
     11Poi, s’avven ch’appressando a me li gire,
Amor con tal dolcezza m’unge, e punge,
     Ch’i’ nol so ripensar, non che ridire:
     14Che nè ’ngegno, nè lingua al vero aggiunge.