Le quattro donne, che 'l Moral destingue

Marino Ceccoli

Aldo Francesco Massera XIV secolo Indice:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu sonetti Le quattro donne, che 'l Moral destingue Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Si aite Dio Amor, com'ei me serve L'esento nome e 'l singolare arbitro
Questo testo fa parte della raccolta XXI. Ser Marino Ceccoli
[p. 240 modifica]

o s’ei fu fatto pur per sé condutto,
o de ciascuno o nullo participio;
14cercando vo per esser entrodutto.

X

Inveisce contro Amore.

Si aite Dio Amor, com’ei me serve,
se non de cosa, che non monta un aglio:
e dá bene a veder ch’io poco i caglio,
4quand’ei m’enfrasca con cotai mái verve.
Per lui perdut’ho io le vene e i nerve,
per lui messo me so’ ad onne retaglio,
per lui soffert’ho io briga e travaglio,
8per lui perduto n’ho Apollo e Minerve.
Ma io farò una fica, e dirò: — Castra!
Famme ’l peggio, che puoi; tènia tra gli occhie
11tu se’colui, che ogne vizio ammastra;
tu se’colui, che cieco altrui adocchie;
tu se’ colui, che tutta gente scastra;
14tu se’ colui, prò quo perduntur astra. —

XI

Piange la scomparsa delle virtú cardinali.

Le quattro donne, che ’l Moral destingue,
ch’a le quattro passion dán téma e freno,
che l’animato gettarian veneno,
4se non che ciascheduna la sua stingue,
envestigate fuór per molte lingue,
che da natura aver non se podéno:
per che schiuser da sé el troppo e ’l meno,
8e fuor del mezzo onn’altro fiero elingue.
Ora se vanno en oscura contrada,
ed han lasciati loro sposi morte,
11e non se trova chi a parlar lo’ vada.

[p. 241 modifica]

 L’una con l’altra se lamentan forte,
cridando a quei, che passan per la strada;
11e dicon: — Or pur un ci avesse scòrte! —
 Sonetto mio, ben che te mostre oscuro,
agli entendente pur se’chiaro e bello:
14ma per quest’altre tu vóli un mantello.

XII

Esorta i perugini a provvedere perché la loro cittá non mini.

L’esento nome e ’l singolare arbitro,
che sempre ficer posa en quista donna,
si che descritta fo regai madonna,
4de terre e de provinze specchio e vitro,
veggio percoter da mortai tonitro,
e desquatrar per mezzo tal colonna;
e veggio metter sorte de sua gonna,
8ed, a cui tocca, chiuder el palpitro.
E però prego che ciascun se svegghie
prima che quista fiamma tolga campo,
11ed a tener suo stato salvo vegghie.
Ché po’ lo stroppo .tardo vien lo scampo,
popol, se ’nanze tratto non revegghie
14l’usate forze ad arcovrar lo campo.
Guardate, donna, che non facce el terzo
a l’altre, che fatt’hai rentrar per terzo.

XIII

Le discordie intestine traggono in rovina le cittá.

Io trovo che l’un cieco l’altro guida;
e trovo gente de suo danno vaga,
la qual en asto nel profondo allaga,
4ed a se stessa subiugare aida.