Le poesie di Catullo/51
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Pari ad un dio, maggior d’un dio, s’è dato,
Parmi colui che a te di fronte assiso
Ascolta, o Lesbia, i tuoi detti, beato
4Del tuo sorriso
Dolcissimo. Eppur io, misero, quando
Ti miro, ogni mio senso ecco si oscura:
Nulla m’avanza più: trepido ansando
8. . . . . . . . . . .
Intorpidisce la lingua; un’intensa
Tenue fiamma le fibre intime invade,
Tintinnano le orecchie, un’ombra immensa
12Su gli occhi cade.
51b
L’ozio, Catullo, è a te dannoso; è indegno
L’ozio ond’esulti, e troppo omai ti arrise:
Più d’un gran duce e d’un beato regno
L’ozio conquise.
52
Che stai, Catullo, a che non crepi subito?
Nonio tincone al curul seggio impancasi:
Pe’l consolato spergiura Vatinio:
Che stai, Catullo, a che non crepi subito?
53
Risi d’un quilibet or or, che udendo
Con un eloquio proprio stupendo
Snudare in pubblico da Calvo mio
Del reo Vatinio l’opre: “Per dio,