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Gaio Valerio Catullo - Poesie (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1889)
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Io vo’ che al tenero poeta, al mio
     Cecilio, o lettera, tu dica, ch’io

Bramo ch’ei lascisi dietro le spalle
     Como e del Lario l’amena valle,

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5E che, i propositi d’una persona
     Amica a intendere, venga a Verona.

Chè se l’antifona capisce, allora
     Sono certissimo, la via divora;

Ben che una candida fanciulla faccia
     10Tutto il possibile, perch’ei non vada,

E, il collo cintogli d’ambe le braccia,
     D’indugio il supplichi fin su la strada.

Ch’ella, se narrami vero la fama,
     D’irresistibile amor già l’ama:

15Dacchè il principio ei lesse della
     "Diva di Dindimo," la miserella

Arde, e una smania cieca la crucia,
     E un foco l’intime fibre le brucia.

O tu che superi la lesbia musa
     20In gusto, meriti, fanciulla, scusa;

Chè di Cecilio "la Madre Augusta"
È proprio un’opera bella e venusta.