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Gaio Valerio Catullo - Poesie (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1889)
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Piangete, o Veneri, o amori, o voi
     Che avete un’anima venusta e pia:
     È morto il passere di Lesbia mia;
     4E assai più amavalo degli occhi suoi.

Era uno zucchero: come bambina
     La mamma scernere suole, ei sapea
     Ben riconoscere la padroncina,
     8E in grembo subito le s’accogliea.

Or qua saltandole or là, píando,
     Giochi e tripudj faceale intorno;
     Ed ora a un tramite scuro, esacrando
     12Move, onde lecito non è il ritorno.

Voi male abbiatene, o inesorate
     Ombre del Tartaro, che con funeste
     Fauci ogni amabile cosa ingojate,
     16E un sì bel passere a me toglieste.

O danno! O misero passere! E intanto
     Che vai per l’orrida funerea via,
     Gli occhiuzzi languidi di Lesbia mia
     20Rosseggian tumidi dal pianger tanto.