Le piacevoli notti (1927)/Notte quarta

Notte quarta

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NOTTE QUARTA

Giá il biondo Apollo con l’infiammato carro aveva lasciato questo nostro emispero, e tuffatosi nelle marine onde se ne era ito a gli antipodi, e quelli che la terra zappavano, giá stanchi per lo molto lavorare, messi giú i concupiscibili appetiti, dolcemente nel letto riposavano, quando la onesta ed onorevole compagnia a l’usato suo luogo lietamente si ridusse. E poscia che le donne e gli uomini ebbero insieme ragionato e riso alquanto, la signora Lucrezia, imposto il silenzio a tutti, ordinò che ’l vaso aureo le fusse portato, e con la propia mano il nome di cinque damigelle scrisse; e posti i loro nomi nel vaso, chiamò il signor Vangelista, comandandoli che ad uno ad uno del vaso li traesse, acciò che a cui la volta del favoleggiare in quella notte toccava, chiaramente si potesse sapere. Il signor Vangelista, levatosi da sedere e lasciati i dolci ragionamenti che egli faceva con Lodovica, ubidientissimo andò alla signora: ed inginocchiatosi a’ piedi, riverentemente pose la mano nel vaso, e di Fiordiana trasse il primo nome; indi di Vicenza, dopo di Lodovica, ed appresso loro d’Isabella e di Lionora vennero fuori i nomi. Ed innanzi che al novellare si desse principio, la signora comandò che ’l Molino ed il Trivigiano prendessero i loro liuti ed una cantilena cantassero. I quali, non aspettando altro comandamento, accordorono i loro stromenti, e la seguente canzone lietamente cantorono.

     Quando fra tante donne il vago sole,
che mi dá morte e vita,

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muove gli ardenti suoi splendidi rai,
di lei piú bella, Amor, non vidi mai.
     Dico, felice è in vita
non chi la vede pur, ma chi parole
d’angelico intelletto
l’ode formar con la sua santa bocca:
grazia che forse a pochi oggidí tocca.
Oh me ben nato, se d’un tanto oggetto
e ben cosí perfetto
degno per sua mercè qua giú mi sia,
e veggia il fin della speranza mia.

La canzone fu diligentemente ascoltata e commendata da tutti. Ma vedendo la signora che ella al suo fine era giá pervenuta, comandò a Fiordiana, a cui la prima favola della quarta notte toccava, che mettesse mano ad una, e l’ordine dell’incominciato trastullo seguisse. La quale, non men desiderosa di dire che d’ascoltare, in cotal maniera a dire incominciò: