Le pantere di Algeri/Capitolo 31 - La missione del rinnegato
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31.
LA MISSIONE DEL RINNEGATO
Quand'ebbero calmato l'appetito e soprattutto spenta la sete, il Normanno andò in persona ad assicurarsi se nessuno si aggirava nei dintorni della casa, ciò che era facile a saperlo, dominando la terrazza tutte le viuzze vicine ed essendo la bicocca del rinnegato isolata fra le rovinanti case vicine. Per essere più certo di non venire sorpresi, mise il negro in sentinella sul muricciuolo più alto, coll'ordine di avvertirlo immediatamente se qualcuno si fosse mostrato sulla via che scendeva in Algeri o calasse dalla vicina Kasbah. Quand'ebbe prese tutte quelle precauzioni, tornò nel cortile dove il barone aveva già narrato al rinnegato tuttociò che era avvenuto in quei giorni.
— Dimmi — disse il fregataro, sedendosi accanto allo spagnolo. — È più venuto nessuno a chiederti di noi?
— Dal giorno che siete partiti non ho veduto alcun viso, né cristiano, né mussulmano. Nemmeno quei due negri che mi avevano rapito si sono più fatti vedere — rispose il rinnegato.
— Dunque la tua casa è sicura?
— Nessuno verrà a disturbarvi. Tu sai già che la mia taverna non è mai stata molto frequentata. Mi si sfugge come se avessi la lebbra.
— Meglio così — disse il Normanno. — Noi prendiamo dimora presso di te e vi rimarremo finché avremo terminati i nostri affari. La vicinanza della Kasbah rende la tua casa preziosissima per noi.
— È a vostra disposizione. Ed il mirab che non l'ho più riveduto? Mi sono recato alla sua cuba e l'ho trovata deserta.
— Non inquietarti per lui. Il vecchio è ormai al sicuro.
— La sua scomparsa però ha fatto rumore in Algeri e sono corse le voci che fosse stato assassinato dai cristiani.
— I dervis giranti faranno a meno del loro capo. Già non tornerà più presso di loro e lo consiglierò ad imbarcarsi con noi quando leveremo l'ancora. Anche per quel buon vecchio non spira più buon'aria in Algeri. Conosci tu il palazzo di Ben-Abad?
— È noto a tutti.
— Vedendo i due negri che ti hanno rapito, saresti capace di ravvisarli?
— Me li ricordo benissimo — disse il rinnegato. — Non avevano i volti coperti la notte che mi portarono via.
— Domani tu andrai ad aggirarti nei pressi del palazzo dei Ben-Abad e farai il possibile per vederli.
— E se mi rapissero una seconda volta?
— Non ti faranno nulla di male, anzi — rispose il Normanno. — Sono ai servigi della principessa Amina, la sorella di Zuleik. È stato per suo ordine che ti hanno fatto prigioniero.
— Che cosa dovrò dire loro se li ritrovo?
— Presentare loro questo anello — disse il fregatario, levandosi dal dito mignolo una verghetta d'oro, di forma speciale, sormontata da uno smeraldo. — Me lo ha dato la principessa e ti servirà per farti conoscere come uno dei nostri amici. Aspetterai la risposta che ci recherai senza ritardi.
— Ignoravo ciò — disse il barone.
— Una precauzione saggia che la principessa ha subito approvata, signore — rispose il fregatario. — Noi siamo persone troppo sospette per osare mostrarci nei pressi del palazzo, anche se camuffati da marocchini o da berberi. Zuleik starà certamente in guardia e spierà Amina ed i suoi schiavi, quindi le precauzioni non saranno mai troppe. Quest'uomo invece non è conosciuto e potrà servirci senza esporsi ad alcun pericolo. Noi potremo così ricevere gli ordini dalla principessa senza che nessuno se ne accorga.
— Siete astuto, Normanno.
— Come tutti i miei compatrioti, signore — rispose il fregatario sorridendo.
— Che possa riuscire la principessa?
— Ad introdurvi nell'harem? Oh, non dubitatene. Ha amicizie potenti e non le sarà difficile farvi accogliere fra le fanciulle della Kasbah, dove farete una splendida figura. Me ne appello a questo spagnolo.
— Non ho mai veduta una ragazza più bella — disse il rinnegato.
— E come farò a rapire la contessa?
— Prepareremo il nostro piano, signor barone. Noi saremo pronti a prestarvi mano forte e, appena fatto il colpo lasceremo immediatamente Algeri. D'altronde la sorveglianza non è molto rigorosa nella Kasbah, anche di notte e con una buona fune non vi riuscirà difficile scendere le mura assieme alla contessa.
— Dalla torre di ponente — disse il rinnegato. — Da due anni che abito questa casa, io non ho mai veduto una sentinella sui merli di quella. Inspira troppa paura a tutti.
— Perché? — chiese il Normanno.
— Si dice che dopo che è stata assassinata la bella Naida, la favorita del precedente bey, per opera d'un giannizzero impazzito, più nessuno abbia osato porre i piedi su quella torre dove lo spettro della odalisca si mostra sovente.
— Io non ho paura delle apparizioni, — disse il barone, — e non sarà certamente lo spirito di quella odalisca che m'impedirà di fuggire colla contessa.
— A domani — disse il Normanno, alzandosi.
Il rinnegato offrì loro la migliore sua stanza, dove si trovavano alcuni vecchi divani che potevano servire da letto. In quanto a lui preferì sdraiarsi sotto il porticato in compagnia dei cabili e del negro, persone che male si adattano a dormire in luoghi chiusi.
Quando il barone ed il fregatario si svegliarono, il rinnegato era già partito per recarsi al palazzo di Ben-Abad.
— È un buon diavolaccio e soprattutto servizievole — disse il Normanno. — Se vorrà approfittare lo condurremo con noi in Italia, dove potrà trovarsi meglio che in questa città, i cui abitanti, siano infedeli o cristiani lo sfuggono come una bestia feroce. Tale è la sorte dei rinnegati che perdono la stima degli uni senza guadagnarsi quella degli altri.
— Riuscirà a vedere i negri della principessa? — chiese il barone.
— Mi sono inteso colla mora e vedrete che quando tornerà avremo qualche buona notizia.
— Che sia già giunta in Algeri?
— Non ne dubito.
— E Testa di Ferro?
— L'avrà condotto con sé, camuffato da eunuco o da negro.
— Mi rincrescerebbe partire senza di lui.
— Non perdereste gran che, signore — disse il Normanno.
— È fedele ed era un servo di mio padre.
— Ma non vale molto nei pericoli, non ostante la sua famosa mazza di ferro.
L'attesa fu lunga. Non fu che verso sera che videro ricomparire il rinnegato, tutto trafelato e coperto di polvere come se avesse percorso d'un fiato dieci miglia.
— Grandi novità, signore! — disse, appena fu nel cortile. — Non ho perduta la mia giornata, ve l'assicuro.
— Bevi per prendere lena, innanzi a tutto — disse il Normanno, offrendogli una ciotola di vino. — Parlerai meglio.
Il rinnegato la vuotò d'un colpo.
— Hai veduto i due negri della principessa?
— Sì, erano fermi sull'angolo del palazzo.
— Ti hanno riconosciuto subito?
— E m'aspettavano sembra, perché appena mi scorsero mi vennero incontro.
— Hai mostrato loro l'anello?
— Me l'hanno richiesto prima ancora che io dicessi loro chi mi mandava.
— Quando li hai veduti?
— Due ore or sono e mi hanno fatto scivolare in mano questo biglietto.
— Un biglietto! — esclamò il barone. — Vediamo!
Il profumo d'ambra che esalava la busta, avvertì subito il gentiluomo che doveva essere scritto da Amina. Non conteneva che poche parole: «A mezzanotte nella cuba del mirab».
— Che Amina osi recarsi colà? — si chiese il barone.
— Non è credibile che la principessa possa commettere una simile imprudenza — disse il Normanno. — Troveremo forse qualche suo schiavo.
— Se Zuleik facesse sorvegliare i servi della sorella?
— La principessa avrà prese le sue precauzioni per evitare un simile pericolo. Sa che un solo sospetto ci farebbe perdere la vita. Non sono sciocchi i mori e meno ancora le loro donne, che posseggono tanta astuzia da venderne al diavolo. E poi ci andremo tutti e bene armati e terremo i cavalli pronti, onde prendere la campagna al menomo indizio di essere seguiti.
— Manderemo prima qualcuno a spiare i dintorni.
— Ci andrò io, signore — disse il rinnegato. — Conosco i luoghi e batterò anche il boschetto delle palme.
— Prendi con te delle armi, purché non siano da fuoco. Un colpo di fucile o di pistola allarmerebbe le sentinelle della Kasbah.
— Basterà il mio yatagan.
Cenò in fretta e uscì dopo essersi passato nella fascia una solida arma. Il barone intanto si era spogliato delle sue vesti femminili, indossando un vestito dello spagnolo, onde essere più libero nel caso che dovessero menare le mani.
Verso le undici e mezza, anche essi lasciavano la casa. I due cabili ed il negro conducevano i cavalli per le briglie, compresi i muli della lettiga, alle cui selle avevano appesi i moschetti e nelle cui fonde avevano cacciate delle pistole.
Costeggiarono in silenzio i bastioni della Kasbah, tenendosi nell'ombra che proiettavano le muraglie per non destare l'attenzione delle scorte vigilanti dietro alle merlature e s'arrestarono un momento sotto la torre di ponente, misurandone l'altezza collo sguardo.
— Dodici metri per lo meno — disse il Normanno. — Con una buona corda di seta si può discendere e senza rompersi il collo. Domani manderò ad acquistarne una e farò io i nodi. Potrete nasconderla facilmente fra il vostro corredo.
— Quale, se non ne ho? — chiese il barone.
— Ve lo provvederemo, signore. Una beslemè che si rispetta deve portare un cofano ben fornito.
— Vedete nessuna sentinella lassù?
— No, signor barone. Ed ho anche osservata una cosa.
— Quale?
— Che lasciandovi scendere dalla facciata di levante, che si trova all'ombra, difficilmente potreste venire scoperto dalle scorte che si troveranno sul terrazzo del bastione.
— Non me lo scorderò — disse il gentiluomo.
— Noi poi vi aspetteremo nella nostra bicocca che si trova proprio di fronte alla torre e che ha un cortile abbastanza ampio per celarvi i cavalli.
— Se riuscirà a farmi entrare nella Kasbah.
— Se ci ha avvertiti di recarci alla cuba del mirab, suppongo che avremo delle novità.
Continuarono la via costeggiando il boschetto di palme, sul cui margine trovarono il rinnegato seduto su un mucchio di pietre.
— È giunto il messo della principessa? — gli chiese il Normanno.
— La cuba è ancora deserta — rispose lo spagnolo. — Vi sono entrato già quattro volte.
— E nei dintorni, nulla di sospetto?
— Non ho scorto alcuno.
Il Normanno fece entrare nel boschetto i cavalli, dicendo ai due cabili:
— Lasciateli qui, sotto la guardia del negro e voi mettetevi in osservazione e avvertiteci se qualcuno si avvicina.
La cuba non era che a pochi passi. Attraversarono, non senza provare una certa emozione la spianata che si estendeva dietro la Kasbah, tenendo le mani sulle impugnature degli yatagan. Stavano per giungere alla piccola costruzione che, era tutta oscura, quando videro sbucare da un gruppo di enormi fichi un uomo avvolto in un lungo mantello oscuro, che si avanzava faticosamente appoggiandosi ad un bastone.
— Che venga impalato se costui non è il mirab! — esclamò il Normanno.
— L'ex-templario!
— Sì, signor barone.
— Buona sera amici — disse il vecchio. — Non credevate certo che la persona attesa fossi io. Come state, signor barone? Sono ben lieto di rivedervi e che siate sfuggito alle vendette dei barbareschi.
— Infatti non vi aspettavo, mirab — rispose il giovane gentiluomo muovendogli incontro. — Vi credevo nascosto ancora in qualche castello della principessa.
— Sono giunto stamane dietro invito di Amina; d'altronde la mia presenza è più utile qua che nella villa di Ben-Zuf.
Entrò nella cuba, accese una lampada, poi volgendosi verso il barone, gli disse a bruciapelo:
— Voi domani sarete una beslemè della Kasbah.
— Domani! — esclamò il giovane, sussultando.
— La principessa non ha perduto il suo tempo e sono incaricato di presentarvi al capo degli eunuchi il quale ha già ricevuto l'ordine di ammettervi senz'altro fra le fanciulle addette ai servigi della seconda Kadina1 del bey.
— E potrò vedere la contessa di Santafiora! — gridò il barone, balzando in piedi.
— Non vi riuscirà difficile, essendo suonatrice di tiorba della prima Kadina.
— E se si accorgessero che io sono un uomo?
— Guardatevene e tenetevi in guardia perché sarebbe la morte per voi e anche per la contessa. Voi giuocate una partita terribile barone, non dovete ignorarlo.
— Lo so, ma sono deciso a tutto.
— Il coraggio non vi manca, ne avete anzi da cedere agli altri.
— Come può aver fatto la principessa a ottenere in così breve tempo l'entrata della nuova beslemè? — chiese il Normanno. — Ciò mi stupisce.
— Col concorso d'una sua amica che è imparentata colla prima moglie del bey — disse il mirab. — La cosa non poteva essere difficile per una Ben-Abad.
— E ha affidato a voi l'incarico di presentarmi al capo degli eunuchi? — chiese il barone.
— Voi sapete che nella mia qualità di capo dei dervis giranti le porte della Kasbah non mi sono chiuse — rispose l'ex-templario. — Solo quelle dell'harem mi sono interdette come lo sono pure per tutti gli altri per quanto potenti siano.
— Non se ne sarà accorto Zuleik?
— È stata l'amica della principessa che si è recata da me. Non si è fidata nemmeno dei suoi più devoti schiavi pel timore che venissero seguiti da quelli di Zuleik.
— Eravate nella cuba stamane? — chiese il Normanno.
— Sì — rispose il mirab.
— Eravamo così vicini senza saperlo.
— Forse è stato meglio che non vi siate fatti vedere da queste parti. Ho veduto due negri a ronzare per ben tre volte.
— Schiavi di Zuleik?
— Lo suppongo.
— Che sia già ritornato dalla sua scorreria?
— Sì, da quanto ho potuto sapere — rispose il mirab.
— E probabilmente molto furioso del suo insuccesso — disse il Normanno, ridendo. — Gli abbiamo fatto fare una bella corsa attraverso l'Algeria.
— Badate però. Quell'uomo ha giurato di avere la pelle del barone. Ah! Mi dimenticavo una notizia importante.
— Quale? — chiese il barone.
— La principessa mi ha fatto avvertire che Zuleik tenterà pure da parte sua un colpo per rapire al bey la contessa di Santafiora.
— Speriamo che giunga troppo tardi — disse il Normanno. — Signor barone prendiamo gli accordi onde possiamo essere pronti ad aiutarvi e proteggervi appena avrete discese le mura della Kasbah colla contessa, noi vi saremo tutti, compresi i miei marinai. Quando tenterete il ratto?
— Il più presto possibile onde prevenire Zuleik — rispose il barone.
— Occorrerà un segnale per avvertirci.
— Mi avete detto che sulla torre di ponente nessuno veglia.
— È vero — confermò il mirab. — I giannizzeri temono lo spettro della bella Naida e dopo che un di loro è morto di paura si sono sempre rifiutati di recarsi lassù.
— Darò il segnale dalla cima della torre — disse il barone.
— In qual modo?
— Accendendo un lume.
— Non la perderemo di vista un solo momento — disse il Normanno. — Torniamo alla nostra bicocca e domani scenderò in Algeri a prendere tutto ciò che vi sarà necessario, signor barone. Sarete una beslemè superba.
Note
- ↑ Ogni mussulmano può sposare quattro mogli che vengono chiamate Kadine.