Le odi di Orazio/Libro secondo/XV
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XV.
Pochi all’aratro jugeri lasciano
Omai le moli regie: distendersi
Più vasti del lago Lucrino
4I vivaj d’ogn’intorno tu vedi.
Soverchia gli olmi celibe il platano;
Viole e mirti versano copia
D’effluvj alle nari, ove prima
8Davan frutta al padron gli oliveti.
Co’ folti rami l’alloro i fervidi
Colpi già esclude. Non tal di Romolo
E di Cato intonso la legge
12Auspicata e dei vecchi la norma.
Il lor privato censo era esiguo,
Grande il comune era: non portico
Misurato col decempède
16Borea opaco a’ privati accogliea.
Nè si spregiasse fortuito cespite
Patían le leggi, che a spese publiche
Ingiungeano e con nuovi marmi
20Le città s’adornassero e i templi.