Le novelle della nonna/Il velo della Madonna
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- Il velo della Madonna
La Regina era stata molto contenta di fare scrivere a Carlo, dalla Vezzosa, che la resistenza di Maso era vinta; e il giovane, per ringraziarla, era sceso da Camaldoli la domenica successiva e capitò appunto nel dopopranzo, quando tutta la famiglia era radunata per la novella. Dopo essere smontato dal calesse ed aver dato una «buona sera» frettolosa, egli corse nel canto del fuoco, ove la Regina aveva ripreso il posto che occupava nell’inverno, e le buttò le braccia al collo. Quell’atto affettuoso meravigliò tutti, ma Carlo non volle dare nessuna spiegazione. Egli disse soltanto: - Nonna, oggi narratela presto la novella, perché la voglio sentire anch’io prima d’andarmene. La Regina, sorridendogli, prese a dire:
- Tanti, ma tanti anni fa, la sorella di un conte Guidi di Poppi, che era stata maritata a Firenze, tornò inaspettatamente a casa del fratello, senza nessuna scorta, a piedi, lacera e sfinita. Questa donna, che si chiamava Ginevra, recava nelle braccia una bambina di pochi mesi, avvolta soltanto in un velo celeste. Appena giunta nel cortile del castello, madonna Ginevra cadde sfinita, e i cordiali che le dettero, le fecero soltanto riacquistar tanto fiato da poter dire: - Vi raccomando la figlia mia: non le togliete mai da dosso il velo celeste della Madonna. Dopo aver fatto lo sforzo di parlare, Ginevra cadde morta, e la sua creaturina, pallida e macilenta, fu raccolta dallo zio, il quale la portò alla moglie. Il conte di Poppi non sapeva come spiegarsi tanta miseria nella sorella, che egli aveva maritata tre anni prima riccamente con messer Buonaccorso Rucellai, nobile e potente cavaliere. Per scoprire la causa di quella sventura, mandò a Firenze messi sopra messi, ma nessuno seppe dirgli nulla di preciso. Tutti però furon concordi nell’assicurargli che Buonaccorso viveva splendidamente nel suo palazzo in via della Vigna, e che vestiva a lutto dicendo a tutti che gli era morta la moglie. In quel momento i Guidi erano in guerra con la Repubblica fiorentina, e il Conte, occupato nella difesa dei suoi feudi, non poté pensare a dirigere meglio le investigazioni per scoprire la verità. Non gli sarebbe riuscito possibile di andare a Firenze senza cadere nelle mani dei nemici; perciò si contentò di far deporre il cadavere della sorella nel sepolcro di famiglia, e di curare la piccola Lisa, che era bella come un angiolo e si faceva amare da tutti per la sua bontà e mansuetudine. Così passarono degli anni, e più Lisa cresceva, più cresceva anche il velo azzurro che l’avvolgeva da capo a piedi e, cosa strana, quel sottile tessuto, non si consumava con l’uso, non scoloriva mai. Anzi, quanto più Lisa lo portava, tanto più pareva nuovo di zecca. Questo fatto, osservato da tutti gli abitanti di Poppi, fece sì che la bimba venisse circondata da una grande venerazione. Non v’era chi dubitasse che ella non fosse la protetta della Madonna e che quel velo non avesse virtù di guarire gli indemoniati, gli ossessi e tutte le persone colpite da mali, che i medici non sapevano sanare. E dalle parti più lontane del Casentino moveva a lei la gente a frotte, ed appena Lisa toccava gli ammalati con quel velo, recitando preghiere che nessuno le aveva insegnate, quelli sanavano completamente. Né a questo si limitava il suo potere, ché appena le terre del Conte erano riarse dalla siccità o le piogge persistenti minacciavano di far straboccare i fiumi e i torrenti, bastava che Lisa alzasse il velo al Cielo e accompagnasse quell’atto con le solite preghiere, perché la pioggia invocata cadesse, o tornasse a splendere il sole in un cielo senza nubi. Il Conte e la moglie, riconoscendo quanti benefizî dovevano alla nipote, la circondavano di ogni cura, e attendevano con ansia il momento in cui il loro figlio maggiore fosse grande, per dargliela in moglie. Un giorno, Lisa aveva allora quindici anni, il conte di Poppi fu avvertito che un forestiero, dall’apparenza sospetta, era stato arrestato mentre si aggirava con fare misterioso attorno al castello. Il signore volle subito vedere il forestiero, ma per quanto lo interrogasse e lo minacciasse della tortura e del supplizio, non ottenne da lui nessuna risposta. - Ebbene, rinchiudetelo in prigione, e forse il digiuno gli scioglierà la lingua, - disse il Conte. L’ordine di lui fu subito eseguito, ma quando, dopo due giorni, le guardie andarono a togliere l’arrestato dalla prigione scavata nel masso e che non aveva altro che un’uscita, custodita giorno e notte, lo trovarono forte e robusto e ostinato quanto prima. Neppur questa volta il signore di Poppi poté cavargli una sola parola di bocca. - Ebbene, - disse, - al momento dell’arresto questo furfante aveva forse le tasche piene di cibo; ora frugatelo, e se gli trovate qualche cosa, toglieteglielo; forse, in capo a due giorni di digiuno, parlerà. Il forestiero non oppose resistenza, ma in tasca non aveva nessun minuzzolo di pane né altro, e le guardie eran convinte che egli avesse il potere di vivere senza nutrirsi. Infatti, quando allo spirar dei due giorni fu tolto di prigione, era sano e forte come prima, e neppure quella volta il conte di Poppi poté cavargli di bocca una parola. - Chiamatemi Lisa; - egli ordinò a bassa voce a un valletto, - qui c’è un sortilegio. Infatti, appena Lisa comparve, avvolta da capo a piedi nel suo velo azzurro, l’uomo incatenato mandò fumo dalla bocca e dagli occhi, e sparì senza saper dove né come. - Figlia mia, - esclamò il Conte, che si compiaceva di dare a Lisa quel nome affettuoso, - io credo che quell’uomo fosse il Diavolo in persona! Ma che cosa voleva? - aggiunse il signore impensierito da quel mistero. La fanciulla cadde in ginocchio, e, alzando il velo al cielo, pregò. Nessuno osò fiatare finché la fanciulla rimase in quella positura supplichevole, e quando si rialzò, ella disse, rivolta allo zio: - Signor mio, a voi solo posso far noto il mistero che mi è stato comunicato; compiacetevi di far sgombrare la sala. Tutti uscirono, e Lisa riprese: - Allorché mia madre entrò in casa Rucellai, il padre mio ebbe un rovescio di fortuna. Tre navi che recavano in Oriente le sue mercanzie, perirono; un negoziante di Venezia, al quale aveva affidato gran parte del suo danaro, fuggì, ed egli si vide a un tratto sul punto di dover vendere il suo palazzo, non restandogli più nulla. - Una notte, preso dalla disperazione, sapendo che mia madre doveva dargli un erede, disse: - «Se Satana mi salvasse, io gli darei la vita e l’anima del nascituro». - A quest’empia offerta tremò la stanza dov’era mio padre e si squarciò il tetto. Un momento dopo, messer Buonaccorso si vedeva davanti il Diavolo, che gli diceva: - «Mantieni la tua promessa e sarai salvo». - Mio padre non si disdisse, anzi, sopra una tavoletta d’avorio, scrisse col suo sangue il patto infernale. Dopo poco, mia madre mi dava alla luce, e in camera di lei compariva il Diavolo a richiedermi. Mio padre, che era presente, mi prese, e stava per consegnarmi a lui; ma mia madre, strappato il velo celeste che copriva la testa di una statua in legno della Madonna, che una pia parente le avea fatto portare accanto al letto, me lo gittò addosso. Il Diavolo sparve, ma mio padre, inferocito contro la moglie, la rinchiuse in un sotterraneo del palazzo. Peraltro non ebbe il coraggio di separarmi da lei, la quale fece voto di me alla Madonna. Però il Diavolo, con la speranza di ricuperarmi, non abbandonò mio padre. La povera mamma, dopo quasi un anno che era rinchiusa nel sotterraneo, fu liberata da un vecchio servo, che ebbe pietà di lei e le dette una piccola somma. L’infelice, temendo di essere scoperta, rimase nascosta in una caverna per molto tempo, finché, sentendosi vicina a morte, volle venir qui da voi, per non lasciarmi sola al mondo. Il forestiero, che voi avete tenuto imprigionato, era il Diavolo, il quale non si dà ancora per vinto e mi tenderà altri tranelli. Egli sperava d’introdursi nel castello e togliermi questo velo che mi protegge. - Ma chi ti ha rivelato tutte queste cose? - domandò il Conte. - Mentre pregavo, ho avuto la visione esatta di questo fatto. Vedevo svolgersi, come in tanti quadri, tutta la storia dolorosa, e sopra ad essi scorgevo sempre il dolce volto della Madonna, che mi sorrideva, quasi mi promettesse protezione. Lisa tacque, e il Conte non rivelò a nessuno quanto aveva saputo; ma la voce del miracolo si sparse in tutto il contado, e a frotte la gente si recava a Poppi, onde implorare soccorso da Lisa nei suoi mali o anche soltanto per baciarle il velo miracoloso. Una domenica, mentre la fanciulla ritornava dalla messa, trovò sotto l’arco del castello un uomo coperto da capo a piedi di piaghe, accompagnato da due contadini, che lo avevano recato lassù sopra un carretto pieno di paglia. Egli la supplicò di toccarlo col velo a fine di liberarlo dal tormento che provava. La contessa e il conte di Poppi affrettarono il passo per non vedere quell’uomo ributtante, i valletti e i paggi seguirono i signori. Lisa rimase sola dinanzi all’infermo e ai suoi compagni. Mentre ella si chinava sul corpo piagato per fare in più punti l’apposizione del velo miracoloso, se lo sentì strappare da dosso. Il finto infermo si alzò e, presala fra le braccia, volò via portandosela seco, mentre i due compagni di lui cadevano in una buca scavatasi a un tratto nel terreno. Il velo rimaneva in terra abbandonato. Il Conte e la Contessa, dopo avere atteso per un certo tempo Lisa, mandarono in cerca di lei, ma i valletti non riportarono altro che il velo lacerato e la notizia che l’infermo e i due uomini erano spariti. La Contessa scoppiò in lacrime, il Conte ordinò che fossero sellati i cavalli, e, partendo con una numerosa comitiva, la sparpagliò per tutte le vie, con ordine ai suoi uomini di cercare ovunque la carissima nipote. Questa, invece, traversava lo spazio, stretta fra le granfie di un Demone alato, il quale la depose in una grotta presso l’Alpe di Catenaia. Appena però l’ebbe posata in terra, Lisa si accòrse che, attaccato ai capelli, le restava un pezzetto del velo miracoloso, e, rinfrancatasi, si diede a pregare con fervore la Madonna. Intanto il velo si allungò per modo da coprirla tutta. Appena ella si sentì riparata da quel miracoloso vestito tessuto dagli angioli, non ebbe più paura del Diavolo, che la guardava a vista, e camminò arditamente fino all’imboccatura della caverna, chiusa da un macigno. Toccato che ebbe il sasso col velo, quello rotolò lontano ed ella poté uscire libera, mentre il Diavolo rimaneva inchiodato al suolo. Lisa non conosceva quei luoghi, ed errò tutta la notte per il monte, fermandosi ogni tanto per rivolgere una fervida preghiera alla sua Protettrice. Ella pregava fervorosamente non solo per ottenere la grazia di essere ricondotta all’ospitale castello di Poppi, ma ancora per implorare dal Cielo la liberazione di suo padre dalla schiavitù del Demonio. A giorno ella scòrse la grande torre di Poppi, illuminata dal sole nascente, e camminò con più lena. Finalmente, giungendo al piano, incontrò alcuni uomini del Conte, che l’avevan cercata tutta la notte, e mandarono grida di gioia vedendola sana e salva. Ella salì in groppa a un cavallo, e non si può dire quali accoglienze le facessero il Conte e la Contessa e con quanta devozione assistessero al Te Deum cantato come rendimento di grazia per la liberazione della giovinetta. Essi non vollero più che ella si esponesse fuori delle mura del castello, e le chiesero di fissare la data delle nozze con l’unico figlio loro, affinché il marito potesse proteggerla giorno e notte dalle insidie del Demonio. Lisa, confusa da tanto onore e da tanta bontà, stabilì che il matrimonio si conchiudesse fra quattro settimane, ma aggiunse che prima di accettare la mano del giovane Conte, aveva una missione da compiere: quella di adoprarsi per la salvezza del padre, che voleva assistesse alle nozze. Il Conte mandò subito alcuni uomini a Firenze per invitare messer Buonaccorso alle nozze della figlia, ma quando giunsero lo trovarono morto. Lisa, a quella notizia, pianse amaramente, ma non cessava di pregare per lui. Una notte però le apparve la Madonna e le disse: - Figlia diletta, le tue preghiere sono inutili; il padre tuo è fra i dannati. Non potendo liberarsi dai tormenti che gl’imponeva il Demonio per averti in corpo ed anima, s’è tolto la vita, e ora è all’Inferno con i reprobi. Lisa, accorgendosi che non poteva più nulla per lui, pregò per la famiglia che l’aveva raccolta, e su di essa attrasse le benedizioni del Cielo. Le nozze furono celebrate di lì a poco, e per lunghi anni la contessa di Poppi fu l’angiolo della casa.
- Nonna, - disse Carlo appena la vecchia ebbe terminato, - so che questa è l’ultima novella che raccontate quest’anno; ma io mi auguro che possiate divertire anche i miei figliuoli e quelli di Vezzosa. La vecchia sorrise di compiacenza a quell’augurio, e dopo fu stabilito il giorno delle nozze, con molta gioia dei bambini, ai quali Carlo promise un sacchettino di confetti per ciascuno.