Le monete di Venezia/Lorenzo Tiepolo
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LORENZO TIEPOLO
DOGE DI VENEZIA
1268 - 1275.
Appena Lorenzo Tiepolo, figlio del doge Jacopo, fu eletto col favore del popolo alla dignità ducale, Venezia fu travagliata da carestia ed inondazione. Nel tempo in cui egli tenne il potere non vi furono fatti di armi, nè avvenimenti di importanza. Questo periodo pacifico giovò alla Repubblica, che aumentava ogni giorno di prosperità e di potenza, come dimostrano i molti trattati di amicizia e di commercio stipulati, e le spontanee dedizioni di città e paesi specialmente nell’Istria e nella Dalmazia.
Durante il principato di Lorenzo Tiepolo fu ricominciata la coniazione del piccolo, sospesa da oltre mezzo secolo, e fu mutata la proporzione fra questa moneta ed il grosso, portandola da 26 a 28 denari piccoli per ogni denaro grosso. Si trovano facilmente i piccoli di questa epoca, simili nella forma e nell’aspetto, agli antichi, dai quali non differiscono sensibilmente nella lega, bensì nel peso alquanto inferiore: essi recano scritto il nome e cognome del doge, mentre gli antichi non avevano che il nome di battesimo del principe. Ci mancano invece i documenti pubblici veneziani relativi a questi provvedimenti, e le cronache contemporanee non ne parlano; ma ci assistono alcuni documenti, conservati nella vicina città di Padova, dai quali si rileva non solo quanto basta ad accertare i fatti, ma anche a riconoscere taluna delle ragioni intime di siffatto cambiamento, che può dirsi il primo passo sulla via della diminuzione dell’intrinsico della moneta.
Dimostra il Brunacci1 nel capitolo VI, dove parla delle monete usate a Padova nel XIII secolo, che il grosso aveva aumentato il suo originario valore sino a 27 piccoli nel 1265, e che più tardi, nel 1274, esso era portato a 28; ma i documenti riferiti a suffragio di tali asserzioni sono di diversa natura, perchè il primo, e cioè quello del 1265, è semplicemente un’atto di ricevuta in cui il grosso è ragguagliato a 27 piccoli, mentre il documento del 1274 è un atto pubblico, tratto dagli Statuti di Padova, che riportiamo2: «Potestate domino Jacopino Rubeo. Millesimo ducentesimo septuagesimo quarto. Nulla moneta expendi debeat in civitate Padue, exceptis monetis grossis veronensibus, paduanis et tridentinis grossis, et exceptis denariis parvis venetis, paduanis et veronensibus, qui expendi possint ut est actenus consuetum, et omnes alie monete, predictis exceptis, forbaniantur de Padua et paduano districtu, et exquiratur sacramento a gastaldionibus frataliarum, campeoribus et mercatoribus quod non accipiant aliquas alias moli netas, preter predictis nisi pro argento rupto. Et denarii veneti grossi accipiantur et expendantur pro denariis vigintiocto parvis pro uno, secundum quod expenduntur Venetiis, et non currant cum aliquo alio lazo.»
Da tutto ciò si rileva che il grosso veniva preferito dal pubblico e dal commercio, ed era pagato più del suo prezzo reale ed ufficiale: questa evidentemente è la regione per cui la zecca veneta aveva dovuto cessare la coniazione dei, mo neta deprezzata, che valeva meno di ciò che sarebbe costato il fabbricarla. Ma dopo lungo corso d’anni, anche tale astensione della più pregiata officina monetaria aveva i suoi danni ed i suoi pericoli, mancando così una moneta di giusto peso, necessaria alle minute contrattazioni in un tempo in cui abbondava la moneta falsa e scadente, mentre faceva difetto la buona. Per rimediare a tali inconvenienti fu scelto il mezzo che parve più facile e meno pericoloso, di scemare cioè di alcun poco il peso del denaro portando il valore del grosso a 28 piccoli, colla proibizione dell’aggio, che era il male più grave. Infatti il decreto del comune di Padova, dove la monetazione era la stessa di quella di Venezia, si riporta al corso di questa città commerciale e riproduce disposizioni che probabilmente esistevano nei decreti pubblicati a Venezia, facendo proibizione di ogni aggio nella nuova valutazione.
Nell’8 dicembre 12693 il Maggior Consiglio deliberava di nominare due esperti ufficiali per sorvegliare la fusione e la lavorazione dell’oro e dell’argento. In pari tempo furono stabilite le norme colle quali si permetteva di fondere ed affinare i metalli nobili secondo il titolo fissato, che era di 23 1/2 carati per l’oro e quello del grosso per l’argento: registrandosi su apposito quaderno la quantità dell’oro e dell’argento, il titolo, il proprietario ed il compratore. Nel 14 novembre 1273 lo stesso Maggior Consiglio4 aggiungeva a tale ufficio due massari per pesare l’oro. Non si possono confondere questi ufficiali, che dovevano sorvegliare la bontà ed il commercio dei metalli nobili, coi massari della moneta, sia perchè i loro incarichi erano di diversa natura, sia perchè la zecca era a S. Marco, mentre questo nuovo ufficio doveva piantarsi a Rialto.
MONETE DI LORENZO TIEPOLO
1. — Grosso. Argento, titolo 0,965: peso grani veneti 42 1/10 (grammi 2,178).
D/ S. Marco che porge il vessillo al doge, · LA · TE VPK · lungo l’asta DVX, a destra · S · M · VENETI
R/ Il Redentore in trono IC XC
Tav. VII, n.° 3. |
Segni, o punti dei Massari alla moneta.
2. — Piccolo, o denaro. Argento, titolo 0.250 circa5: peso grani veneti 5 6%oo (grammi 0.289) circa: scodellato.
D/ Croce in un cerchio + · LA · TE · DVX
R/ Croce in un cerchio + · oc ·MARCVoo ·
Tav. VII, n.° 4. |
3. — Bianco, o mezzo denaro. Mistura, titolo 0,050 circa: peso grani veneti 8 (grammi 0.420) scodellato.
D/ Croce accantonata da quattro punti.
+ · LA · TEVPŁ · DVX ·
R/ Busto in faccia di S. Marco + · oo · MARCVoo · V - N ·
R. Museo di Parma. | Tav. VII, n.° 5. |
Museo Correr. |
4. — Doppio Quartarolo. Mistura, titolo 0,003 circa: peso grani veneti 45 (grammi 2,328).
D/ Nel campo V · N · C · E · poste in croce con un punto nel mezzo.
+ · LA · TEVPŁ · DVX ·
R/ Croco accantonata da quattro gigli.
+ · oo · MARCVoo ·
Tav. VII, n.° 6. |
5. — Quartarolo. Mistura, titolo 0,003 circa: peso grani ven. 28 (grammi 1,449).
D/ Nel campo V · N · C · E · poste in croce
+ ·LA · TEVPŁ · DVX
R/ Croce accantonata da quattro gigli.
· co · MARCV co ·
Tav. VII, n.° 7. |
6. — Varietà D/ + · LA · TEVPŁ · DVX ·
R/ + · oo · MARCVoo ·
Tav. VII, n.° 8. |
OPERE CHE TRATTANO DELLE MONETE DI LORENZO TIEPOLO:
Santinelli S. — Opera citata, pag. 270-271, 275, (disegno pag. 271); ed in Argelati, l’arte I, pag. 299, 302.
Muratori L. A. — Opera citata, Dissert. XXVII, col- 649, 051 e 052 n.° VI ; ed in Argelati, Parte I, pag. 47-48, tav. XXXVII n.° VI.
Argelati F. — Opera citata, Parte III. Appendice. Editoris additione etc., pagine 60-70, tav. VIII, n.° III6.
Bellini V. — De monetis Italia etc. opera citata, Dissert. I, pag. 99, 100 e 107 n.° V; ed in Argelati, Parte V, pag. 29 t. e 31 t. n.° V.
Gradenigo G. A. — Indice citato in Zanetti G. A. Tomo II, pag. 109 n. XXII e XXIII.
Appel J. — Opera citata, Vol. Ili, pag. 1120, n.' 3913 c 3914.
Fontana C. d'O. — Illustrazione d'una serie di monete dei Vescovi di Trieste, Trieste 1832, pag. 37, n.° 21 della tavola.
Gegerfelt (von) G. — Opera citata, pag. 8, n.' 4 e 5.
Trésor de numismatique etc. — Opera citata, pag. 00, n.° 3, Tav. XXX, n. 3.
Schweitzer F. — Opera citata, Vol. I, pag, 87 (120), (127), (128) e tavola.
Biografia dei Dogi | — Opera citata Doge XLVI. |
Numismatica Veneta |
Padovan e Cecchetti — Opera citata, pag. 12.
Wachter (von) C. — Opera citata. — Numismatische Zeitschrift Vol. III, 1871, pag. 227-231, Vol. V, 1875, pag. 194-195.
Padovan V. — Opera citata, edizione 1879, pag, 13 — Archivio Veneto Tomo XII, pag 95, — terza edizione 1881, pag. 11.
Note
- ↑ Joannis Brunatii, De re nummaria patavinorum, opera citata, pag. 42 e seguenti.
- ↑ Statuti del Comune di Padova, Padova, Sacchetto 1878, pag. 274.
- ↑ Documento V.
- ↑ Documento VI.
- ↑ L’esame chimico fatto dall’officio del saggio di Venezia dà il fino di 0.249.
- ↑ Il testo nomina Jacopo Tiepolo, ma nel disegno si legge chiaramente LA · TEVPŁ